Se fuori da queste ampie mura del mondo
Si stende lo spazio
La mente vuole alzarsi a vedere
E in quel vuoto l’animo mio peregrinare.
(Lucrezio, De Rerum
Natura, II, vv.1044-1047)
CIRCOLARITA’ – Viaggio itinerante intorno al Civetta
Sfera di cristallo, leggo il futuro. Appaiono
montagne, colori celesti, numeri perfetti, la leggerezza del passo, il piacere
dell’occhio, l’emozione dell’intraprendenza, canali, intagli, rotondità, croci,
mani, ferri, zaini, voci, verde, sole, grigio, roccia, vie, inghiottitoi,
acumi.....
Ci risiamo, Anna, quando fai l’elenco
così è ora di ripartire, è ora di scovare frasi intere per questi sostantivi,
soggetti per i verbi, aggettivi per i nomi.
Unendo il tutto esce fuori il
vissuto di una settimana al silenzio delle voci, alla cecità della bellezza, al
passo della lentezza, alla grandezza della conquista.
La serie dei numeri è perfetta:
loro accennando, tutte le raccoglie;
Sotto la canicola che ci accompagna da
giorni, lentamente ricompongo le poche cose nello zaino, all’insegna della
leggerezza, non escludendo però il minimo di ferraglia che ci permetterà di
affrontare, se mai li decidessimo, percorsi più impegnativi.
La carta mi stuzzica, e studio i
percorsi, non troppo, quanto basta a permettere qualche variazione che speriamo
non dimenticare.
Gino ci ha dovuto abbandonare per
accompagnare altri occhi a vedere, ad Alessandro hanno tirato un colpo mancino,
lui che è assolutamente destro, ed eccoci ritrovati in due di nuovo sulle
tracce del passato: quelle della fortezza del Moschesin, delle poesie di Italo
Rossi, dei medici alpinisti Angelini, Berti, Sperti, degli scalatori
intraprendenti sulla ‘parete delle pareti’, delle ferrate storiche, degli
oronimi, delle nostre tracce dell’anno passato.
Ancora siamo indecisi su come avanzare
nel giro, se costeggiare a destra il sentiero Angelini, o se lanciarci nelle
pieghe agordine, selvagge coste che strapiombano nel cuore della terra, spalti
erbosi che, sospesi nel cielo, precipitano negli inferi della natura selvaggia,
al confine del vuoto e del baratro, rilievi tortuosi perpendicolari alla linea
piatta dell’orizzonte.
Questo moto circolare ci condurrà a spirale verso l’elevazione suprema,la cima del Civetta, verso quello spazio infinito sopra l’ultima pietra che sconnessa domina la Terra, in un bilico tra sicura gravità immobile e leggerezza di volo in caduta libera; questo movimento che roteando intorno a quell’ammasso di pareti lisce, compatte, indomite, ne permette la scoperta di tutti i suoi anfratti, le sue guglie gloriose, le sue ferite, il suo disordinato scomporsi nell’unità del cielo e del suo immenso abisso apicale.
La scoperta dei suoi fianchi più nascosti, scoscesi canaloni che disordinatamente dirupano verso valle, ripidi, sconnessi, rotti ghiaioni pericolanti, vestiti di sassi instabili che al solo movimento estremo piombano rotolando a ricercare fissità sui terreni più agevoli: la libera corsa di un camoscio rompe il silenzio di questa eterea vacillazione, assicurando comunque vita a tali remoti luoghi selvaggi e solitari.
Ritornare al punto di partenza più leggeri, nell’animo e nel passo, l’occhio più ricco e la gamba più ferma; ecco il fine ultimo di questa sgambata sui monti.
In una calda e assolata giornata di giugno inizia il nostro peregrinare sulle coste di ‘sì splendida parte montana, isolata e silenziosa, lussureggiante e pietrosa, sconosciuta, seppur a tratti fin troppo nota.
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