“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Bocconi dolci e amari








Bocconi dolci e amari

28 Gennaio 2007   Gruppo dei Monti Ernici -- Monte Passeggio, Monte Fragara                    Gita scialpinistica



Figure si muovono sul filo di cresta: risaltano alla pallida luce del sole emergente dalle sottili nebbie; gli sci caracollanti sulle spalle disegnano con le punte al cielo ampi arzigogoli fantasiosi.

Il mio piede, pesante dello scarpone, fatica a calcare la traccia e a tratti scivola via, vanificando la fatica dello sforzo nel posare l’impronta. Il discorso appena iniziato con Gaspare scema, il fiato affaticato impedisce ogni altra parola, ed il fardello sulle spalle diventa sempre più pesante. I pensieri vorrebbero andare più veloci del tuo piede, ma invano trovano la via d’uscita in quella mente ingarbugliata, accontentandosi del poco spazio che hanno per sistemarsi in modo razionale ed economico....

....Ma Der, che fai, inizi dalla fine?

E‘ vero, scusate, un racconto ha la sua struttura: un preambolo, coincidente o meno con l’antefatto, il corpo, la scena madre, la fine; se si inizia dalla fine, racconti una giornata al contrario, e quella di Domenica è stata proprio dritta!

PREAMBOLO:

sole, sole, pioggia, sole... pioggia, grandine, neve...

Finalmente la furia bianca si scatena e ci siamo: si staccano gli sci dal chiodo, si curano le pelli, si recupera l’Arva, i ramponi, la piccozza. Si cambia zaino, si studiano i meteo, si va in avanscoperta, magari a piedi, per capire dove ne ha fatta di più e su che versante.
Domenica è meglio di Sabato, ma sono tutti in attesa che qualcuno dia il via!

L’ANTEFATTO

Il piatto di pasta fuma, il profumo già è perso nell’aria, impugno la forchetta benedicendo l’ora tarda, sento già il gusto in bocca e .....squilla il telefono: “Ciao Anna! che stai mangiando?” e siccome sono una donna educata, ma sincera, rispondo “Sì, certo, ma dimmi pure”.
Mentre dico addio alle mie future risorse energetiche per il giorno dopo, partecipo all’ennesima telefonata
sul dove si va,
qual’è l’appuntamento,
chi siamo e con che cosa andiamo,
chi torna presto,
chi non può tornare,
chi aspetterà il tramonto.

Sfinente organizzazione di un’uscita sugli sci, partita da tre componenti e nel corso di mezzo pomeriggio arrivata a:
Coloro a piedi: Angelo, Sabina, Flavia, Maurizio
Con gli sci 1 gruppo a Roma: Augusto, Anna, Giacomo, Lorenzo
2 gruppo a Roma: Benni, Paolo, Bruno, Gaspare, Giorgio
A Colleferro: Agostino, gli amici di Lorenzo della bicicletta (due macchine);
A Prato di Campoli: Marta, Monica, Luigi, Ornella, Patrizia ed i loro compagni di corso, il tutto mescolando autovetture e componenti, materiale e parole.

In macchina un atroce dubbio, esternato ai compagni e subito risolto: “Sì Anna, sai sciare, e difficilmente puoi dimenticarlo!”.
Per fortuna non ero sola a sollevare simili elugubrazioni.

IL CORPO

Ma chiunque sia stato ad avvertire l’altro, la sostanza non cambia; l’ennesimo appuntamento a Frosinone in un bar sconosciuto e su, fino a Prato di Campoli a scoprire il paesaggio, e con esso, quanta neve c’è.
La delusione non ferma i partecipanti, che guardando la montagna decidono già il percorso di discesa, ancora prima di quello in salita: la meta è il M. Passeggio, sul gruppo degli Ernici, di poco spostato dal centro del meraviglioso anfiteatro dove svetta Pizzo Deta.

Sci, scarponi, ciaspole, racchette, pelli, suoni di Arva, risate, cani, saluti, calendari, sguardi, sorrisi, partenze, guanti, chiavi, chi va avanti e subito dopo una riflessione torna indietro a prendere ciò che ha dimenticato, chi all’altezza del bosco si spoglia, chi già mangia, chi già strema.

E chi, estraneo a tutto questo, guardando perplesso quest’enorme movimento umano, sorride e chissà che pensa!
Saremo in 50, corpo più, corpo meno, a partire scaglionati per questa innevata, a tratti spelacchiata, accogliente montagna.

Chiacchiero con un uomo nel primo tratto, raggiunto dall’amico il discorso cambia, il passo pure. Lorenzo sonda la neve con la racchetta ad ogni sgambata, per scoprire che l’ha fatta bene e a sufficienza, Anna segue la scivolata, promettendo di rimanere incollata a chiunque garantisca una discesa da sballo.
Ma come al solito, bisogna prima affrontare svariati metri di dislivello, che corrono dentro al bosco, lungo il fosso, sulle spallette, ed infine sul pendio aperto.

Il primo panino degli uomini, la salita erta, il fiato che manca...ti ritrovi sola, raggiunta e superata ogni tanto da qualcuno del gruppo, e poi sei tu a superare.
Non perdere di vista chi ti sta davanti, dai, Anna, arriva al tornante, eccoli! sono lì, li hai quasi raggiunti, non sono lontani, anche loro sono umani, forza! all’altro tornante, eccolo è rispuntato, forse è qualcuno che conosci, vai a scoprirlo.
Alzi lo sguardo e li vedi, sono tutti sul ripido pendio, ma sono solo tre tornanti. Guardi il sole e ti riposi, in fondo la giornata è lunga, e tu non hai fretta di arrivare.
La brezza gelida ti obbliga in anticipo a cambiare abito, con il pile stai molto meglio, e su!, incoraggi addirittura chi segue più lentamente di te.

LA SCENA MADRE

E finalmente eccoci, l’ultima curva, l’ultima virata di sci ed il vento che scappa via, con lui le nuvole, la nebbia, il sole, il freddo e...un infinito panorama bianco sui rilievi circostanti, la croce gelata.
E ti spieghi come tutte le volte che ti chiedi chi te lo fa fare è sempre ripagato mille volte di più con l’emozione della bellezza, della sostanza, dell’isolamento.

Ma purtroppo siamo tanti in cima, troppi per fermarti a godere un sole che, per la legge di Murphy, non c’è, offuscato dalle gelide nebbie provenienti da nord. E già il malumore, che ti prende sempre quando gli altri aspettano, sovrasta la tua tranquillità; è un immediato togliere le pelli, stringere gli scarponi, ma da che lato si scende?, io scendo subito, noi circumnavighiamo la cresta e scendiamo ad est, Anna sei pronta?

Via! Non ho neanche il tempo di razionalizzare i movimenti che devo fare, e già sono lì, a puntare la racchetta, a cantare, a gioire, a manifestare la mia contentezza, in un momento in cui tutte le nuvole del mondo hanno offuscato la cima, sotto lo sguardo sbalordito di chi non mi conosce.
E ricambio con Ornella l’unico aspetto dolce della giornata, per cercare di mandare giù l’appena comunicato boccone amaro: ’scendiamo un pò la Valle di Femmina morta, risaliamo un 150-200 metri e ci godiamo la discesa verso Prato di Campoli’.
Esperienza già vissuta, salita troppo consapevole.

Ma la cioccolata è mangiata, ed il boccone amaro digerito, ad inseguire le figure snelle ed eleganti di Augusto e Paolo, le curve più decise di Gaspare e Agostino, quelle spazzanti di Benni, mai sovrapposte alle mie, che cerco l’incontaminato, seguita dall’ormai consolidata formazione di coda: la chiusura di Giacomo.
Ed il sole miracolosamente torna, sempre per la stessa legge di Murphy, durante la risalita, raggio dopo raggio, impronta dopo impronta, ad illuminare stalattiti gelate, sculture bloccate, onde increspate.
La cresta, la solitudine, le cornici, il salto (da non fare!), e la discesa su quella neve che invita a fare curve, curve, curve.
I pali dentro al bosco sono accoglienti, ma attenta! insidioso e malandrino nasconde nell’anima qualche pietra sporgente.

LA FINE

E la giornata appagante termina su quel piazzale che sembra Rimini, pullulante di bambini, macchine, sci, slittini, tavole, pelli, racchette, calze, scarponi, gente ignuda, chi va e chi viene. Mi presento all’uomo sconosciuto: ’ Piacere Anna, alla prossima’ ‘ Piacere Ottavio’. 
Ma Angelo è sceso? non c’e campo.
Andiamo giù a mangiare un boccone per un’attesa vana. Le tre, le quattro, ma dove sono? quasi in cima. Quasi?!?

Per lui un fragoroso tramonto, per noi un affollato rientro.
Ragazzi, per essere la prima uscita......l’organizzazione è troppo estenuante!

Meglio scriverla, parola di Derspina!

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