“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

La strada dell'Uomo verso il Raduno 2014


Questo lungo viaggio al Nord si perde nelle campagne laziali, umbre, emiliane, trentine e venete, giri di ruota a rincorrere parole non scritte, finalmente ritorna l’entusiasmo di ritrovare chi, per un brutto anno passato, non vedo da tanto, troppo tempo.


La vera casa dell’Uomo non è una casa,
ma la strada,




 

 

 





                                                 Foto di Derspina - Argentina Norte)

e la vita stessa è un viaggio da fare a piedi.
( da Sentieri Tortuosi – B. Chatwin  fotografo)


 


                                                                                                                                                                                                Foto di Derspina - Argentina Norte-Etiopia)



Novembre al Paesello

Rovereto. Si prosegue verso Folgaria, un pò di tornanti, ma solo all’inizio e poi la strada dovrebbe essere liscia. Teoria.

La pratica mi vede invece a Mattarello, Vigolo Vattaro, passo della Fricca, disposta ad affrontare con poco, tutte le nebbie del mondo, salita attorcigliata sui tornanti, la concentrazione che avanza nel buio più nero, andare su per scoprire che poi devi riscendere giù, dalla strada 349 alla 350.


E finalmente spunta il Paesello, arroccato sulla montagna, la piazza illuminata a festa, la biblioteca sbarrata, ma sono contenta, felice come non mai di assistere al lungo viaggio alla fine del mondo, la vita di Ape per 6 mesi a girare i pedali e a consumare scarponi, a mescolarsi nelle valli del vento e del silenzio, a ricercare cime gelate, panoramiche avvolgenti, tramonti infocati, cieli schiaccianti, albe inondanti.
Il mondo è appena cominciato in questa fine, dove trovano giusta pace Gino Buscaini, che questa terra patagonica ha amato e vissuto più di ogni altra cosa, e i suoi scarponi, consumati dai piedi del nostro Ape, orgoglio montanaro di tutto rispetto. Un giro di migliaia di kilometri condensato in poche ore di racconto, scioltezza in quell’idioma a noi vicino, con la semplicità del linguaggio e la bellezza degli scatti, a migliaia nei ricordi, selezionati troppo pochi per noi amatori. E se per un attimo gli occhi si spengono nell’oscurità della realtà, si accendono le voci sonore di JJ6 e Giovanni, a rianimare l’attenzione che non è mai mancata. Ed il piacere di visi noti, quelli di Clark, del GPS e del Gino, a brindar come è giusto di un pezzo di vita ritrovato nelle gelide cime del mondo infuocato, nei guadi dei torrenti e del vino, nello scorrere delle parole e, per loro, dell’asfalto del rientro alle rispettive case. Per me, il letto sulla cengia di Ball, davanti ad un immensa libreria piena di cultura e pareti, mi attende, generoso l’ospite e silenziosa notte di ristoro al centro del Paesello.



Il giorno prima

La Cima del Frate mi richiama nel giorno che sale, altra sponda montana al di là dell’Ortigara, su quei monti che hanno visto le nostre truppe attendere, combattere, morire, sopravvivere.
Il cielo plumbeo non perdona, la mia convinzione pure;

e se il parcheggio non è proprio invitante da queste parti,

 mi apro spedita la strada sul pendente boscoso sentiero, presto respinta dai suoi slanciati alberi caracollanti, in troppi sdraiati lungo la linea di massima pendenza a ricordare la franosità del percorso, e questo mi basta.


 

Un netto dietro front mi spinge fino a Malga Fierolle di Sotto, luogo d’incanto e di caldi colori autunnali, che lascia intendere una Malga Fierollo di Sopra, per la cui scoperta non esito a partire tra le nebbie.

Le unghie dei piedi si lamentano di tanta forzatura, - hanno visto la settimana precedente creste per oltre 25 kilometri, per lo più in discesa -, ma non desisto, tanta è la voglia di ritrovare motivazioni su queste montagne che ormai imparo a conoscere. 




Ma la nebbia lascia il posto alla pioggia, e dopo la scoperta di quella splendida bicocca a 1747 metri, 

impongo una discesa che mi permetterà di andare a ritrovare per tempo una cara amica. 


Per la prima volta mancherò alla gita mattutina di Raduno, lei ha bisogno del mio sostegno e della mia attenzione, oltre che del mio affetto, e così entrambe ci ritroviamo a far tesoro della pace del Lago di Toblino, nella lunga mattinata di caldo sole umido del giorno successivo. I kilometri percorsi però, sono molto più di una gita...





Il Raduno

Ed è lungo la salita al Rincher che rinasco: riconosco i colori, un poco spenti, ma pur sempre generosi, degli alti alberi che coronano la strada, salita nell’incantevole bosco di impagabile bellezza, pieno di ricordi, di risate, di brindisi, di conoscenza.

E’ bello ritrovare Diego, Giovanni, Gino, i capelli di Simon, che nel frattempo si sono accresciuti, insieme alla sua pratica alpinistica che garantirà agli altri la sua immensa sapienza.


Non si fa in tempo a riempire il primo bicchiere che anche Ape unisce il suo calice, confessando che preferisce il colore vermiglio al chiaro nettare di Bacco.


E questa partenza così in sordina, raggiunge l’apice con il sopraggiungere degli avventori: ......... e inizia così l’allegra brigata.

……. a voi il resto!

clikka sulla foto
 







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