Siria, Libano, Israele, Palestina, Giordania, Iraq, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Yemen + Socotra, Oman, Iran, Arzebaijan, Armenia Georgia, Turchia, Cipro.
Quando si è trattato di separare i post, per argomentare meglio la geografia dei miei viaggi, mi sono ritrovata in un ginepraio: l’Africa è Africa, continente ben definito e circondato da mari sulla cartina; così le Americhe e l’Oceania; se parliamo poi di Estremo Oriente tutti hanno un’idea ben chiara di quali sono i maggiori Paesi che compongono questa regione.
Ma quando si vuole collocare Paesi come lo Yemen, l’Iran, la Giordania, la Turchia, la Georgia, l’Armenia in grandi regioni geografiche o storiche cominciano le indecisioni e imprecisioni.
Paesi Arabi? Paesi islamici? Paesi musulmani? Medio Oriente? Grande Oriente….più andavo a cercare i termini, e più mi si apriva un mondo nuovo, pieno di complessi concetti culturali, storici e religiosi, e mai esaustivo sotto l’aspetto che cercavo. Più studiavo e più scoprivo che a seconda dei termini che venivano utilizzati, i confini dell’insieme di questi Paesi si spostavano sulla carta geografica, accorgendomi che non è così ben definito quello che intendevo per Paese islamico o medio orientale.
Alla fine, mi sono ricordata che una persona molto più autorevole di me forse ci aveva provato a risolverlo, e secondo me c’è anche riuscita proprio per il fatto che non è occidentale, ma del suo Paese. Il testo che segue è uno dei tanti, e indispensabili, che mi ha introdotto alla conoscenza di questa parte sconosciuta di Mondo.
Avevo anche la necessità di creare un cappello di introduzione a questi miei viaggi sì affascinanti, ma anche ‘difficili’ per chi vive come me esclusivamente nel mondo occidentale; per chi, sempre come me, ha creduto fino a ieri a ciò che veniva divulgato dalle principali fonti di informazione, senza peraltro avere un’idea di scambio reale con le persone che vivono in questi Stati.
L’unico fatto tangibile che avrebbe potuto salvarmi dal non ricadere in stereotipi, luoghi comuni e falsità era quello di andare a visitare questi paesi con i miei occhi: ammetto di averlo fatto inconsciamente, mio malgrado e per mia sola curiosità; tuttavia, tornata nella mia città, mi sono dovuta ricredere su tantissimi aspetti di queste antiche culture, non ultimo comunque il mio ancora persistente stato confusionale.
Certamente non è con un viaggio, per di più unico, che si conosce un Paese e se ne assorbe la cultura, però questo primo approccio verso questi Paesi, per me assolutamente conosciuti sempre e solo come ‘pericolosi’, ha fatto sì che ne rimanessi totalmente incantata per gli aspetti architettonici ed artistici, storici e fortemente culturali, mentre d’altro canto mi ha lasciato completamente disorientata la riflessione sull’aspetto umano e dei diritti civili che godono (o non) gli abitanti di questi Paesi.
I miei scritti non vogliono giungere a nulla: sono solo lettere sulla carta e considerazioni del mio cervello, così come sono nate su quei luoghi, vissute, ragionate, estrapolate, interpretate e tali rimarranno, senza alcuna pretesa.
Ad oggi, i Paesi di queste zone medio-orientali e dell’Asia centrale che ho visitato sono: Yemen, Iran, Giordania, Turchia orientale e meridionale, Georgia e Armenia, parte della Terra Santa. Ogni Stato è risultato particolare e da scoprire; ho avuto l’opportunità di farlo con ottime guide, profondi conoscitori perché originari dei luoghi che ho visitato. Se anche ho vissuto alcuni momenti di tensione durante questi viaggi, ciò non ha compromesso la mia opinione complessivamente positiva di alcuni aspetti importanti che queste culture possiedono.
D’altro canto, se dovessi esprimermi solo positivamente sull’incanto di questi itinerari non potrei farlo e non sarei obiettiva: l’Iran e lo Yemen, e per certi inquietanti aspetti anche la Turchia, sono comunque Nazioni che hanno avuto e tutt’ora vivono una storia dura e oppressiva, repressiva e autoritaria, inserite in un contesto di rapporti politico-religioso-sociali con altri Stati molto complesso, che non è mia intenzione analizzare o sviscerare, ma che indiscutibilmente mi hanno portato a visitare questi luoghi con altri occhi, non certo ciechi o superficiali.
Non a caso, lascio argomentare queste mie riflessioni di introduzione al mio viaggio in Iran a chi meglio di me lo sa fare:
Come si fa ad essere persiani? di Marjane Satrapi **
Ci troviamo, anzi, siamo come incastrati, da qualche parte tra il famoso Le mille e una notte di Shahrazad ed il terrorista barbuto con la moglie vestita come una cornacchia. Quando qualcuno vuole compiacerci ci dice che siamo persiani e che la Persia eraun vasto impero. Altrimenti siamo semplicemente iraniani.
[……]
Oriente. Questa parola, credo, è la chiave di tutti i miti.
Dove si trova il leggendario Oriente di mille fantasie, sogni e avversioni? Dando per scontato che la Terra è rotonda, ci si trova sempre a est o a ovest di qualcun altro. E anche se non si tiene conto di ciò, anche volendo basarsi sul meridiano di Greenwich, allora perché non fanno parte dell’Oriente pure l’Australia e la Nuova Zelanda? L’Oriente non è un dato geografico obiettivo. E forse il termine ‘Paesi orientali’ ha più a che fare con una definizione religiosa, forse ciò che intendiamo davvero è che sono Paesi musulmani. In tal caso, la Bosnia è un Paese orientale? E inoltre, anche se la Bosnia si trovasse in Estremo Oriente, che cosa mai significa l’espressione <<Paesi musulmani?>>. Quest’idea ci porterebbe dalla Bosnia alla Somalia e dal Marocco all’Indonesia, Paesi che si trovano in tre continenti, Europa, Africa e Asia. Si può dunque dire che l’Arabia Saudita e la Malesia condividono la stessa cultura?
Parlare di <<Paesi musulmani>> significa, in realtà, che l’unico l’elemento fondamentale per definire la cultura di una determinata società è la religione, mentre questo è solo uno dei fattori, ma certamente non l’unico. Parlare di <<Paesi musulmani>> significa anche ridurre decine di Paesi a un’unica nozione astratta…in modo da poterli classificare meglio.
Naturalmente, se si scoprisse d’un tratto che questi Paesi sono diversi l’uno dall’altro come il Perù e l’Islanda, o la Francia e gli Stati Uniti (che, tra le altre cose, sono tutti cristiani), diventerebbe piuttosto difficile organizzare mostre di artisti musulmani – eventi che riuniscono un turco, un iraniano e un siriano -, ignorando il fatto che i tre parlano lingue diverse che hanno tre origini diverse. <<Paesi musulmani>>, significa poco, proprio come <<Paesi cristiani>>.
Ma c’è anche di peggio. Cioè la definizione di <<musulmano>>. Che cos’è un musulmano? Per l’Occidente, purtroppo, equivale a Bin Laden, la più radicale di tutte le definizioni possibili.
L’Occidente trasforma il musulmano in un nemico.
E l’Iran è un Paese musulmano.
Grazie a persone come il regista Abbas Kiarostami, la scrittrice Azar Nafisi e il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi, l’immagine dell’Iran è leggermente mutata. Ma in che modo? Dai film iraniani è emerso che l’Iran è un Paese pittoresco in cui i bambini vanno in giro cercando <<la casa dei loro amici>>. Quando Shirin Ebadi ritirò il premio Nobel, il particolare che tutti notarono immediatamente fu che non portava il velo, e il fatto fu poi sfruttato in Francia come argomentazione a favore della legge sul divieto di portare il velo.
In Iran ci sono degli estremisti, certo.
In Iran c’è anche Shahrazad.
Ma l’Iran ha innanzitutto un’identità e una storia vere e proprie e, soprattutto, in Iran ci sono persone in carne e ossa, come me.
(tratto dal libro ‘Chi ha paura dell’Iran?’ di Lila Azam Zanganeh )
**Marjane Satrapi è fumettista, illustratrice e autrice di libri per ragazzi. I fumetti di ‘Persepolis’ (editi in Italia da Sperling & Kupfer), sono diventati best-seller che l’hanno resa famosa a livello internazionale.
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QET'E DI IRAN di Derspina (tutti suoi foto e testi):
_(frammenti)____________ QET'E (Frammenti) D'IRAN
TRA IDIOMA E SOCIETA'....Dialoghi
...IDENTITA'.... Il peso del velo
...Metagrammi:Veli,peli,teli
...E STORIA.....2000 anni di storia tra rovine...e trionfi nella grande terra dei grandi RE
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Tutto YEMEN
Il mio viaggio in Yemen è iniziato con l’assegnazione o la conquista del posto in macchina.
Chi come Antonio soffre l’auto, è costretto a viaggiare con essa guardando il mondo in una sola direzione avanti a sè; chi come Stefano è fortunato e vede il mondo prima di tutti, perchè è alto più centimetri degli altri, è quindi destinato al posto d’onore, a fianco del guidatore; chi, come me, ha una atavica paura del mezzo e di chi lo guida è costretto a scegliere il meglio del peggio, cioè un magnifico predellino in terza fila con lo sguardo rivolto a quel mondo circostante che mai si osserva: le spalle!
Forse sono fortunata, perchè questo mondo non è mai descritto, si guarda sempre avanti e poco alle spalle, molto al futuro e poco al passato.
Chi come Antonio soffre l’auto, è costretto a viaggiare con essa guardando il mondo in una sola direzione avanti a sè; chi come Stefano è fortunato e vede il mondo prima di tutti, perchè è alto più centimetri degli altri, è quindi destinato al posto d’onore, a fianco del guidatore; chi, come me, ha una atavica paura del mezzo e di chi lo guida è costretto a scegliere il meglio del peggio, cioè un magnifico predellino in terza fila con lo sguardo rivolto a quel mondo circostante che mai si osserva: le spalle!
Forse sono fortunata, perchè questo mondo non è mai descritto, si guarda sempre avanti e poco alle spalle, molto al futuro e poco al passato.
Ma il paese visitato è immerso in un passato il cui futuro va a rilento, seppur con la frenesia dei suoi personaggi e l’accelerazione della tecnologia.
Un paese in cui il tempo è fermo all’era degli spaccapietra e delle semine a mano, della mola con il dromedario e dei dossi al posto dei cartelli; un paese che vuole un’antenna su ogni collina, dove le colline sono infinite, e per questo anche nel deserto non ti senti mai solo.
Nel mio mondo di spalla guardavo la macchina che ci seguiva e mi divertivo a parlare quel linguaggio muto che solo i pesci sanno fare, e per questo motivo alla fine della prima giornata i miei compagni di viaggio già mi avevano appellato ‘Anna nell’ acquario’.
Col senno di poi questo appellativo mi piace: le sensazioni sono mute, e lo sguardo del mondo alle spalle permette di catturare con maggior dettaglio l’esperienza, i chilometri, i panorami.
E dal mio essere un pesce fuor d’acqua in un paese straniero, sconosciuto e da scoprire, ho elaborato mille volte queste storie: smontate, riscritte, pensate, riadattate, appuntate, sconclusionate, ma sicuramente vissute, fino a farle diventare “storie di un pesce nell’ acquario”.
Nel mio mondo di spalla guardavo la macchina che ci seguiva e mi divertivo a parlare quel linguaggio muto che solo i pesci sanno fare, e per questo motivo alla fine della prima giornata i miei compagni di viaggio già mi avevano appellato ‘Anna nell’ acquario’.
Col senno di poi questo appellativo mi piace: le sensazioni sono mute, e lo sguardo del mondo alle spalle permette di catturare con maggior dettaglio l’esperienza, i chilometri, i panorami.
E dal mio essere un pesce fuor d’acqua in un paese straniero, sconosciuto e da scoprire, ho elaborato mille volte queste storie: smontate, riscritte, pensate, riadattate, appuntate, sconclusionate, ma sicuramente vissute, fino a farle diventare “storie di un pesce nell’ acquario”.
Buona lettura! (ottimizzala a 125%)
by Derspina
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TURCHIA Barca - Trek
LA DANZA DELLA LUNA
NELLA CULLA DEL MEDITERRANEO, SOTTO LE STELLE
Girovagando su e giù
Il quarto di luna scende lentamente, mentre le stelle che circondano il cielo la tengono tenacemente ancorata al colore indefinito della notte.
Il torpore del cervello segue i minuti del tempo; una leggera brezza, svegliandomi, mi ricorda che sono a migliaia di chilometri sospesi sull’acqua, sotto le stelle.
Voli, nuvole, laghetti: tutto ci ha portato qui, dove il colore dell’acqua si mescola all’azzurro del cielo, dove la terra rossa incastra le radici dei selvatici pini poco sopra il mare, dove le onde cullano con il loro dondolìo la nostra voglia di esserci.
L’incoscienza notturna si allontana, mentre la luce del giorno manifesta la sua tenue realtà. Il cicalìo della pineta racconta in coro della giornata che nasce e le pacate onde del mare rispondono silenziose e spumeggianti al chiarore del sole.
La schiuma rincorre le mille bollicine, ed il mare increspato se ne va mentre noi andiamo a scoprire queste calde terre, ricche di profumi ed essenze penetranti, di caldo e di roccia.
Rovine avvolte dall’odore ovino, terra rossa mescolata ai sassi, la nostra convinzione a proseguire su un terreno inconsistente ed inesistente, sopra gli strapiombi a picco sul mare; la rabbia e la tenacia di V. ci accompagnano lungo queste inerpicate e sconosciute tracce, ricche solo della loro solitudine e selvaggia libertà. La voce del Capitano rimbomba nella valle, così come lo scandire dell’amichevole minaccia di V. a tornare sui suoi passi, il superbo panorama di un mare turchese e blu, forte della nostra resistenza, ci accompagna lontano al nostro avvicinarci.
Tutto questo ci regala il nostro andare a scoprire queste terre di storie sommerse eppur limpide nella trasparenza dell’acqua, cristalline all’occhio della nostra lontananza, ormai sfogate della rabbia di uno scampato smarrimento e di una ritrovata barca, sole, mare, risate.
Si accendono i motori nella notte, mentre l’ombra della luna nasconde l’oscurità.
Figure che vagano solerti a tirar su il freno ogni giorno, lasciando che la barca prenda la scia dell’ignoto. Il lento rullio del legno sull’onda scandisce l’avanzare dei nodi e dei disturbi; il volare degli oggetti segna l’irrequietezza dell’andare in su e in giù di questo mare senza limiti.
Occhi fissi sul vagabondare delle onde, seguendo il movimento della lunga scia che si trascina a riva ad infrangersi sugli scogli o a rincorrersi perdendosi nello spazio aperto. L’inchino della barca al mare, l’omaggio schiumoso di tanti paggi, mentre lontano sovrastano le montagne con la loro cima incappucciata.
Il sentiero mattutino nel bosco di conifere, con i suoi cadetti inchinati al volere di questo mare a contorno, colori smeraldi e turchesi, verde cristallino immerso nel verde più intenso; radici aeree che si portano a cercare vita nelle gocce salmastre con la speranza di sopravvivere alla sua troppa ricchezza salina.
Colorati uccelli umani aprono le danze in cielo, calandosi in volo dalla superba rupe fino al mare turchino di Oludeniz; istanti precedenti a calpestare ormai inesistenti mosaici di una città morta due volte e rinata altrove, Levissi, divisa, separata dalle sue genti, distrutta dalla ricerca di identità di popolo e dalle forze della natura, fantasma di mura oggi conservate solo da belanti guardiani.
Dall’Isola di Gemiler, silente giunge la benedizione di S. Nicola, le cui spoglie sembrano essere tornate lì, dove Giacomo, solerte e anziano nonno italiano, racconta la storia bizantina e di Roma, tra le rovine storiche di meditabonde pietre.
Calpestiamo abbandonati e arroccati corridoi rocciosi: 7 basiliche giacciono ormai prive di pellegrini, ma cariche di rovinosa spiritualità, avvolte da un crescente tramonto che pone fine ad una chiara giornata.
Le note musicali originano scatenate danze; e tra il dolce rollìo dell’acqua tormentata e della disco music ci si avvia nuovamente all’incontro con la luna.
Ma non si può lasciare la luna così piena, appesa, luccicante nel riflesso della notte, bianca da illuminare il grigio intorno; il mare turchese riflette il suo chiarore e l’onda tremolante la trascina in superficie.
La musica si diffonde intorno alla nostra solitudine, l’ombra nera è lì, che invita a perderti nei suoi abissi, e nella sua placidezza e tranquillità.
Mi tuffo.
Sembra che solo un velo d’acqua circonda il mio corpo, la tiepida carezza scivola via senza lasciare traccia di sé, se non la morbidezza del lieve scorrere lontano. Seguo lo scintillio superficiale, la linea indefinita di una curva che si perde nell’oscurità della notte e nella luce pallida della luna, aprendosi il passaggio a cercare luoghi più tranquilli dove andare a morire.
Mi sveglio dolcemente al chiarore della luna, questa palla che attira i miei occhi e non li stacca dal suo biancore. La contemplo per ore, cercando di non perdere neanche un minuto di questo spettacolo di attrazione, quel gioco di luci ed ombre, increspamenti e dondolii, che catturano la mente imbrigliandola nella loro bellezza. Alle mie spalle, le prime luci dell’alba attirano il mio sguardo verso le montagne, distraendomi dal cerchio di fuoco. Non faccio in tempo a girarmi, dopo aver voltato lo sguardo al sole nascente, che la luna rossa non c’è più.
Quanti tramonti di lune piene hai visto, Capitano?
Quante albe ti hanno tenuto sveglio a seguire la scia delle stelle, il luccichìo dei riflessi, la schiuma che si perde?
Il blu della notte si confonde e si mescola al colore del mare, la luce piena della luna illumina la superficie, donandole scintillio e preziosismo, mentre i primi chiarori del sole evidenziano le lunghe creste montane e i primi raggi si immergono nel mare, lasciando su di esso una lunga scia luminosa.
Nel loro immaginario disordine, mille increspature rincorrono l’aria, si sollevano fiere del loro essere molecole, le une legate alle altre, danzando ciascuna la propria libertà, elevandosi quel tanto che basta a disegnare i versi di questo immenso spazio aperto.
Non un moto di schiumeggiante bianco s’innalza all’orizzonte, solo un lento movimento di un mare che si ingrossa, di un dondolìo di onda che invita la barca a piegare il fianco e subito dopo a seguirlo ondeggiando.
Terra di Licia, romana e bizantina, perla del Mediterraneo: culla di cultura e arte, antica e moderna, ricca di storia assai lontana ma a noi molto vicina.
Oggi il mare è rinforzato, ancora non spumeggia, lasciando trasparire al nostro passaggio i resti di una città morta, l’antica Simena, sommersa secoli fa, ma tutt’oggi vivente nella cittadina di Kalekoy .
L’elevarsi del pennone accompagna il movimento, la prua appuntita taglia la superficie marina sprizzando vivacità, lasciando indietro una lunga scia bianca di calma apparente.
Lasciamo che i nostri sguardi verso queste terre facciano tesoro delle loro bellezze, allo scorrere della loro antichità, ai gesti della quotidianità, all’espressione della nostra vita e delle nostre speranze.
by Derspina
Clicca sulle foto di La Danza della Luna Buona visione!
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GIORDANIA - PETRA
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GIORDANIA - JERASH