Racconti
GLI ANNI MIGLIORI DELLA NOSTRA VITA
LA STORIA
Ho cominciato a frequentarli nel 1995, introdotta da Stefano F., con una partenza per la Sardegna all’insegna dei canyon. Loro, i miei compagni montanari.
Sono cambiati, ed io con loro, ci hanno lasciato, ci siamo persi,ci siamo ritrovati, siamo cresciuti insieme.
Lei, la montagna.
Non mi ha più lasciato: da quell’anno infatti sono pochi i fine settimana “vuoti”.Tra arrampicata, scialpinismo, montagna estiva ed invernale,
canyonismo e risate, è iniziata per me la lunga storia della montagna.
Lunga dieci anni e più.
Ed è ora di tornare un pò indietro,
alle origini, a ricordare quello che si è sfocato,
a rammentare quello che si è dimenticato,
a ritrovare quello che si è perso e che vale la pena di conservare,
per riderci insieme, o per il gusto di tornare a condividere.
LA LEGGENDA dell’anno 1995:
Era l’anno della Codula Orbisi e delle teleferiche,
dei bivacchi sotto le stelle, dei Fossi,
della scoperta del Sentiero dell’Aeroplano,
della scoperta del Sentiero dell’Aeroplano,
dell’Orso Marso, delle Pale e del Bivacco Bedin,
delle prime alpinistiche sui vari Brancastello,
della famosa cantata notturna al Panepucci,
della mia prima scialpinistica alla Scindarella,
preludio di un’annata sci-alpinistica da “oggi qui moriamo tutti!”
e dall’inaugurazione dei nuovi Koflack.
e dall’inaugurazione dei nuovi Koflack.
BUONA LETTURA!
(opss... dimenticavo! Ho uno pseudonimo)
Sci...volando
Racconti montanari
Racconti sulla neve
Era Dicembre 2005, una giornata uggiosa. Ma per noi non esistevano giornate impossibili. Comunque si andava a sciare.
Aveva nevicato tanto, anche tutta la notte, e mentre osservavo quello scenario qualcosa è scattato nel mio cervello: le parole si scrivevano da sole mentre osservavo, mentre salivo, mentre combattevo con la piccola tempesta, mentre mi godevo la discesa, aspettavo, mi preoccupavo, ed infine sorridevo, abbracciando tutti.
E' stato il mio primo racconto, scritto sulla montagna parlando di montagna.
Guardando quel bianco spettacolo, mi si è aperto un altro mondo:
raccontarlo a me per farlo vivere agli altri.
E da quel giorno la mia lunga storia montanara si scrive da sola.
ALL'ALBA DEL BIANCO
18 Dicembre 2005, Monte Rotella da Rocca Pia
ALL’ALBA DEL BIANCO
Suona la sveglia...........
pesantemente ti alzi, ti vesti, mangi ..e ti ripeti quanto sei fortunata che hai fatto lo zaino la sera prima, così non devi correre all’ultimo minuto.
Ma già! .sei quella dei cinque minuti in ritardo, ritardataria per eccellenza, che qualche volta gli amici ti perdonano, molte altre no, però sempre ti aspettano.
La giornata è un pò rigida, buio pesto, per una levataccia che ti ritrovi a dannare tutte le settimane, ma che ringrazi tutte le settimane per ciò che ti riporti indietro.
Vale, e come se vale!
La strada scorre, ed ecco la campagna tutta gelata: gli olivi si ergono dal terreno trasparente, un velo di bianco ricopre la terra, sono fieri, soffrono il freddo? No, sono secoli che stanno lì ad aspettare lo scorrere delle stagioni.
Buio, luce, buio, luce, ci stiamo avvicinando alla decisione: come sarà la piana? E soprattutto, come sarà il Velino?
Un pugno nello stomaco.......la montagna bianca al primo sole si staglia contro il cielo celeste, mostra il rilievo di tutte le sue rocce, anfratti, sporgenze, acumi. Andiamo più avanti, “è solo una spruzzata, però il canale si fa, oppure i pianori”, il sole illumina in tutto il suo splendore il circo bianco......è uno spettacolo!
La nevicata della notte ha reso qualcosa di magico al paesaggio, e già ti immagini salire sulla neve che scricchiola, piccozza, ramponi, sci in collo.
In un attimo ti svegli dal sogno, gli amici devono tornare presto, e ti rassegni, volgi lo sguardo indietro al primo raggio di sole che illumina il bianco, e riecco buio, luce....... grigio: le pendici della Maiella lasciano intendere luce invernale, cupa, quasi da tempesta.......”ok se proprio nevica torniamo indietro...” ma dentro di noi ognuno lo sa, non è così, troppo lontano.
Le ultime curve veloci sulla strada, ti volti e in un attimo ti dimentichi la sveglia, il freddo, la fame: prima il Sirente e poi il Gran Sasso nella loro forma migliore. La luce gialla dell’alba regala un contrasto tra roccia, ombre e canali innevati indescrivibile. E l’unico desiderio è di essere lì a catturare i raggi ad uno ad uno, riflessi sulla neve.
Manca poco, ma ancora non hai finito di sbalordirti: la strada è tutta innevata: la neve sugli alberi ha cambiato la campagna, è un paesaggio magico e irreale: i rami bianchi piegati sotto il peso della neve invitano a percorre quella galleria naturale di silenzio e stupore, e il Velino è solo un ricordo.
I gesti si susseguono abituali e precisi, le risate delle battute prima della partenza, l’immancabile competizione che vuole tutti molto veloci, in realtà ciascuno a prepararsi al gusto della giornata.
Non un raggio di sole brilla in cielo, è velato., ... eufemismo per non dire coperto.
Uno sguardo alla montagna ed è certezza! la discesa sarà fantastica, ma come sempre bisogna prima salire.
Il suono dello scarpone sullo sci accompagna la scivolata, ecco i pensieri che piano piano affollano la mente. Li ricacci indietro, ti concentri sulla neve; soffice, delicata, bianca, incontaminata. Riesci a distinguere i singoli granelli, ops! della neve si dice fiocchi, Ed invece non ti sei sbagliata: ormai troppe volte hai confuso la neve con la sabbia, ma mai i due estremi sono stati così simili. Il caldo torrido sembra far evaporare il paesaggio, la sabbia sembra si sollevi a creare contorni sfumati evanescenti, così il bianco della neve non modella i contorni. Si posa su tutto ciò che incontra a riempire ogni spazio: leggera, fatua, delicata. Come la sabbia viene portata dal vento, soave nei suoi movimenti, incosciente di posarsi ovunque incontri la possibilità di farlo.
Il paesaggio è poetico, lunare, i boschi sono carichi di ovatta bianca, Segui i binari e hai quasi paura ad uscirne, per non calpestare il disegno circostante.
Adesso il vento vuole partecipare anche lui alla salita, si manifesta per te, è tempo di coprirsi, quel tanto che basta per spingerti a salire. La prima mèta è a portata: il freddo pungente non lascia spazio a scelte o decisioni troppo lunghe, ma in realtà non c’è da prendere decisioni: ciascuno di noi vuole salire più alto, a ritrovare lo spazio oltre il cielo.
E di nuovo un passo dopo l’altro, la punta dello sci che invita l’altra a proseguire o ad inseguire; la brezza è diventata tempesta, ma il freddo ancora non passa: le mani sono coperte, sulla neve si distinguono solo i buchi lasciati dai bastoncini di chi ci precede......e dopo più neanche quelli.
Si prosegue a testa bassa. La tranquillità ancora ti accompagna, conosci quella montagna come tutte le altre volte che ti ha fatto dannare, che ti ha ingannato sul suo orizzonte, che non ti regala niente e ti regala tutto, ma solo quando vuole. E questo giorno non è uno di quelli. Ci riuniamo, e al solo sguardo, mani e piedi congelati, è già un riporre le pelli, stringere gli scarponi, chiudere gli attacchi, sperando di riuscire a muoversi senza levare i guanti.
E’ fatta! senti gli sci che scappano, regoli le racchette e guardi i tuoi compagni.....terrorizzata!......hai lasciato la maschera e gli occhiali nello zaino, e fa troppo freddo per tirarli fuori. Dentro di te preghi di riuscire a scendere senza prenderli: così sarà, tanto non è possibile sollevare la testa o lo sguardo dai mille chicchi di neve gelata che si depositano a raffiche sulla coltre ormai bianca da tempo.
Concentrata, affronti la neve di mille consistenze, ora dura, ora ventata, senti lo sci che affonda e subito dopo tiene......neve depositata, fresca, piegata, gelata. Il tempo passa inesorabile, i contorni del suolo si confondono con il tuo corpo, sei in piedi o sommersa nella neve? Speri che quell’agonia finisca, che la spessa nebbia si alzi e faccia individuare almeno i contorni della montagna per la discesa.
Un urlo ed una scomparsa, rivolgi lo sguardo in su, nell’attimo in cui uno sci mostra la sua punta, ma solo quella.........ed il resto?, Ti appresti ad aspettare, al freddo sempre più intenso, non sai se l’amico sommerso dalla neve o la luce che si affaccia dalle nuvole: miracolo, individui un gruppetto che sembra salire apiedi, e subito il tuo cuore si apre, insieme al cielo: sono gli amici della gita a piedi. Sei combattuta, perchè vorresti raggiungerli per salutarli e comunicare tutta la gioia che stai provando e intanto sei preoccupata perchè lo sci che intravedevi adesso non si vede più, e nemmeno il suo proprietario.
Alla fine decidi, fa troppo freddo, lasci il testimone all’amico che ti segue e vai a salutare il gruppo: un pò di delusione, sono altri scialpinisti, che non conosci, però saluti e ti lanci nella più fantastica discesa di inizio stagione.
Inutile dire: c’è solo da godere e sentire lo sci che affonda nella neve fresca, peso in avanti e giù una curva dietro l’altra. Ti riposi e automaticamente volgi lo sguardo in su, a rileggere con gli occhi della felicità quello che hai disegnato, e così fino in fondo: nel bosco, sui massi coperti, il fosso, i salti, il filo spinato, la gioia......il volo.! Ti ritrovi stile Paperino, gli sci paralleli conficcati in 40 centimetri di neve fresca, lo zaino che spinge in avanti, la neve in bocca.........altro che addominali, per tirarti fuori. Alla fine la decisione, sci paralleli e via, fai la curva altrimenti ti ammazzi!
E poi è finita, vuoi arrivare fino a dove è impossibile proseguire con gli sci ai piedi, la strada, la macchina, la birra.
Due amici ripartono per la neve fresca, il cielo si chiude definitivamente, vorresti rilassarti, ma sai che sono in 18 a sfidare la tempesta.
L’ALTRA GIORNATA :
E’ così, sempre. La montagna è inesorabile e ingannatrice. Rido ogni volta alle frasi fatte, ma tante volte è proprio così.
Comincia una lunga attesa: individui nel cielo, prima grigio e poi plumbeo, le loro tracce di salita, Guardi l’ora, guardi il cielo, guardi la montagna. Ti siedi, ascolti gli scialpinisti della discesa, Bevi con loro, Nunzia ti racconta tutto su come ha aperto il bar, l’ascolti distrattamente, ti rialzi, scruti, guardi l’orologio, guardi la montagna, ti risiedi.
Non resisti, dovrebbero essere in cima, il sole ha fatto timida capoccella, forse lassù c’è uno splendido panorama, o forse..........solo natura ingannatrice.
“Dove siete, da dove scendete?”, “a venti minuti dalla cima, scendiamo dal lato del paese”.
Mi distendo, chiacchiero, rido, bevo. Tra un pò si dovrebbero vedere. Ogni tanto punto lo sguardo alla montagna, non si vedono, eppure è passato il tempo giusto, almeno per seguirli scivolare sulla neve.....niente....strizzo gli occhi, forse non li distinguo perchè non ho gli occhiali, ma nego a me stessa la certezza di vederci come un falco anche senza.
“Perchè non scendete, dove siete? “ “dieci minuti sotto la cima, scendiamo sulla Piana”.
Consapevolezza che nella notte, le luci delle frontali illumineranno lo scenario bianco, rientrano i due amici saturi di neve, da bere veloci, si va alla Piana, non c’è bisogno neanche di dirlo.
A fare che? Solidarietà, speranza, attesa.
Dove? ovunque ci sia qualcosa che si muove nel bianco,
eccoli !! correndo, affaticati, affondanti,
contenti? non lo so,
Io sì.
la vostra Derspina
La vostra Anna