“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Affogati

Preambolo dal 1995



Canale Rionne sul Monte Infornace:

la risalita del canale è per Bruno sempre un’esperienza impegnativa: talvolta il crepaccio aperto lo impressiona, talvolta lui prende il coraggio a due mani, e con esse si slancia alla conquista delle “tacchette” su cui salire, altre volte è un cordino miracoloso che molto può agire sulla sua psiche di uomo, o ancora è un complicarsi la vita su ‘facili roccette’, che proprio facili per lui non sono.




Ma sempre, sempre, l’invito di quel canale storto, contorto, appagante, attraente, suscita in lui il tortuoso ardire della conquista, della soddisfazione e dell’ esclusivo compiacimento alpinistico, tanto da abituarci al suo: “Aspetta un pò!”, di cui sentiremo la mancanza quando la sua futura consapevolezza alpinistica ci negherà tale richiamo.




25 Maggio 2008        Traversata Canale Rionne – Vallone di Fossaceca



E forse quel giorno è arrivato: “Anna ti aspetto”. Le mie orecchie increduli hanno difficoltà a comprendere queste parole che riecheggiano nel silenzio del canale, dove solo l’acqua, in tutti i suoi stati, appare, scompare, è compressa, si espande, scivola, è immobile.
Nel giorno della mia settima ripetizione di questo splendido Canale sono lieta di ascoltare queste note musicali, dopo aver assistito ad una vestizione per affrontare il famoso scoglio: oggi c’è acqua corrente che spacca in due il terreno, ed una dritta paretina che movimenta la salita.
Da lontano lo snodarsi del Canale è suggestivo, un lungo millepiedi di operose zampe: a piedi, con gli sci, con le tavole, ramponati, liberi, variopinti, italiani, stranieri, locali, uomini e donne, stranamente nessun cane.








La giornata è tersa, l’aria è giusta, e la compagnia si è formata ritrovando l’antico spirito un pò abbandonato.

Il passato ed il recente: Giacomo con i suoi inconfondibili pantaloni e la sua classe; Ian, giovane francese d’oc con gli attacchi Silveretta; Augusto e Agostino che inscenano il loro consueto, contrastato ma amicale duetto; Sara con le sue antenne a cogliere momenti indimenticabili; Giorgio che non perde il vizio di spaziare in avanti; Rox che si riposa nel giovane verde appena sbocciato come lei; Claudio C. che cerca il sole per rinvigorire le massacrate membra; Antonello che comprende la scelta delle scarpe; il secondo Claudio che cavallerescamente accompagna le donzelle, duellando con Gaspare che con la sua galanteria arma la montagna; Patricia segue fedele il trascorrere di una giornata in beltà; Stefano avanza costante al suo passo; Paolo A. non trova sollievo ai suoi mali, se non nell’abbandono; Lamberto che non ci ha abbandonato l’ho ritrovato in cima; Benni appagato cerca nuove vie di discesa, e chissà se è riuscito a trascinare Juliet, che per una settimana è ritornata sui vecchi passi; Alessandro è un fulmine a ciel sereno, così come Carlo che non contento moltiplica le cime, seguito da Lorenzo che oggi batte il suo record di discese. Bruno ci prova, e forse ci riesce, a superare se stesso; Franco è sicuro, anche se sottotono senza il traforo. Mi sfugge ancora qualcuno, ma è per la pesantezza della sua tavola, non certo per il suo piede, quella di Paolo Z., che oggi non precipita come fece quella in corsa di Pantaleo; e da ultimo Flavia, che non salta mai i grandi eventi.

Il mondo animale rimane nascosto, nelle pietre calcaree di questa montagna sventrata, uscendone solo al nostro cicaleccìo, sguisciante, velenosa, sibilante, seppur piccolina, la viperella; le nebbie avvolgono celati camosci che sembrano volersi mostrare spiccando a contrasto con la roccia, ma non ci sono: di animale c’è solo l’uomo che attraversa questa traballante, sconvolgente, contorta, seppur solida montagna.

Spilli, birilli, pinnacoli, goffi massi sovrapposti, uno adagiato all’altro, uno sopra l’altro, ora grigi, ora arancioni, ora spezzati con il bianco risplendente, verdi di giovani germogli, ricoperti dal maturo ginepro, rigoglioso strato assorbente le libere acque. Il rumore dell’acqua sovrasta le parole, alimentate da un’insana allegria che spinge il millepiedi verso la sorgente, superando esili ponti e delicati ammassi.

Dopo lo scoglio, il Canale si divide: il cuore della via è rosso del sole che lo illumina, della roccia che lo circonda e lo rimbalza in tutti gli anfratti, fino a farlo scintillare del caloroso colore, della neve che permeando le fessure contrasta con i massi all’ombra.

Ed eccolo il Vado di Ferruccio, che in un attimo porta al Camicia, lo sguardo può spaziare fino alla cima del Prena e di tutti i suoi canali che a nord regalano emozioni, come quella di Carlo e Lorenzo, o semplicemente il seguire delle creste, che, man mano che ci si addentra, scoprono la Forcella di S. Colomba, gli appiombi del sentiero del Centenario, i rigogliosi ma avvoltolati e vertiginosi pendii di cenge e salti.

Seguire Lorenzo è facile: lungo la linea di massima pendenza e in cima al mondo.

Paolo con la sua tavola affoga in un mare di curve, laddove surf e snowboard regalano emozioni simili, in ambienti tanto diversi, e noi dietro a lui. Una dietro l’altra, una di seguito all’altra, sempre più strette, sempre diverse, interrotte e riprese, gioiose, infinite...insomma, affondati.
E dove sono nati gli occhi di Cip e Ciop, proprio in questo Vallone, questi si spalancano fino a diventare giganti: assorbono un ramo di discesa dietro l’altro, sempre nascosto, sempre evidentemente bello, sempre pieno e godibile.

L’urlo di gioia è di Lorenzo, ed io lo seguo cantando.

Gli altri, metri più in su, sono intrappolati nelle pieghe di questo arzigogolato versante; alcuni di loro si perdono forse la discesa più bella che questa traversata ci ha regalato, fino a dove oltre neanche il legno degli sci resisterebbe!

A ritemprare il corpo di Lorenzo è la fresca acqua della Fonte del Peschio, che giova molto di più del successivo salasso del desinare, e che corona una giornata di allegria, giovialità, pienezza, da soli o in compagnia di questo mondo selvaggio e aspro,
che solo in parte riesco a donarvi con la mia fedele penna,
quella della vostra Derspina

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