Dal Rifugio Sommariva al Pramperét al Rifugio Carestiato
Dislivello: in salita 430m, in discesa 450m ;
Lunghezza: circa 13 chilometri; circa 5 ore
Sentiero: n. 543, (SS 347), 549, (Pra de la Vedova,
Forcella del Moschesìn, 1940 m, Casera del Moschesìn, Forcella Dagaréi); per SP
347 in direzione di Àgordo, al Ponte sul Ru de Càleda per s. 543.
Con i piedi nell’acqua
L’acqua è gelata, ma osservando lo
stato dei miei piedi non posso far altro che essere contenta. Il più del
percorso è fatto, a costeggiare lungamente le pareti inclinate e possenti del
Tamer, complesso montuoso che solido e imperioso nasconde all’interno i tesori
delle cime e forcelle di San Sebastiano.
La giornata è bella, inizia con la scoperta della Forcella Moschesin, lungo il sentiero di guerra.
-http://www.livingdolomiti.com/it/percorsi-grande-guerra/cordevole.html,
- (La montagna dimenticata: Vie militari e antiche strade di minatori) http://www.evidenzia.it/pndb/ebook/Itinerari5/Default.html, un pezzo di Storia che invita a scoprire i
resti della Fortezza in tutti i suoi lati.
Proseguiamo aggirando il Castello e
le guglie terminali, facendo indigestione di panorami a picco sulla stretta
valle, in un intrigo di lame erbose e cenge appese, avvoltolii della montagna e
verde disteso, giungendo in breve alla Casera Moschesin.
I contrafforti del Castello, la sfilata delle Forcelle ed infine la stazza maestosa del Tamer sfilano insieme a noi nel progredire verso il cuore del Gruppo: in breve siamo immersi nella roccia più sospesa, aranciata, rotta, ghiaioni scoscesi che rendono impraticabile qualsiasi accesso alla cresta, se non per un unico passaggio alla Forcella Larga. Sognare quel luogo d’inverno è l’unica cosa che posso fare inghiottendo quel mare di sostanza grigia.
Il torrente ristora la mia
circolazione e con un pò di nostalgia ripercorro con la memoria l’anno della
salita su quei sentieri, che sconnessi e ghiaiosi ci condussero a conoscere la
fragilità epocale di quei luoghi, verso la cima Nord di S. Sebastiano.
Era il 2005 quando affrontai la
salita alla Cima Nord. Quel giorno ebbi grandi soddisfazioni: sentieri
faticosi, su per ghiaioni, pietre e sfasciumi a ritrovare forcelle e vie
sospese sulla Val de le Roe.
L’unico rammarico fu l’abbandono del Viaz dei
Cengioni, che quest’anno mi sarebbe piaciuto completare. Ma si sa che il tempo
è ingannevole: un lunghissimo sentiero, quasi in piano, oggi ci accompagna fino
a Passo Duran. In verità, ci siamo lasciati forviare da un consiglio di
arrivare direttamente al Rifugio Carestiato, “sarà una mezzoretta in più”. Si
rivelerà molto più lunga psicologicamente, su un tratto che non è
eccezionale....
Riprendere il cammino su strada
asfaltata non è il massimo, così come pure un pò monotona è la strada bianca
che unisce Passo Duran alle incombenti pareti verticali della Moiazza Sud, lì
sotto le sue famose vie e percorsi ferrati a disposizione dei più arditi
escursionisti esperti principianti.
Il Rifugio è pieno, ma la
sistemazione nel piccolo locale invernale si rivelerà eccellente: saremo in
pochi a godere di una libertà non sperata, lontani dall’affollamento e dalle
file create dai numerosi avventori presenti. L’ospitalità del gestore si
verificherà ineccepibile anche nell’ultimo giorno del giro, quando a nostra
richiesta di tornare nel locale invernale il diniego si è trasformato in
ospitalità da paladini reali di un regno incantato, in cui gentilezza, cortesia
e simpatia sono state le principali regole del vivere civile, in una stanza
regale tutta nostra!
Ma di tutto ciò ne godremo i giorni a
venire, per questa serata solo uno sbiadito tramonto.
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