E’ bastato un attimo di rallentamento
del passo che gli uomini sono a metà salita, incuranti della nostra lentezza, o
della nostra scarsa allegria.
Subito dopo è un niente che lega le
mie lacrime con quelle più solide della neve circostante: giorni e giorni a
trattenerle, a cercare di non pensare, ma quando la realtà si manifesta con le
parole, quello che esplode è il pianto di Maia, in questo suo luogo dove
neanche più la disperazione ha lacrime da versare.
Ornella mi guarda sgomenta tentando
di darmi conforto, ma probabilmente non è quello che cerco, e continuo in
questo sfogo a tentare di placare un fiume che scorre rapido fin dentro
l’anima. Sono le sue sagge parole a recuperare il canale e la giornata, la mia
realtà è un pendolo tra l’abbandono definitivo e il ritrovamento della
motivazione, mescolata a quella forza che sembra non abbandonarmi mai, neanche
nei periodi più neri. Ed è proprio questa consapevolezza che mi farà seguire
un’impronta dietro l’altra, una parola a fianco all’altra, uno sguardo al
panorama ed un brivido per l’altezza e la quasi verticalità del canale.
Avrei voluto essere sui Ferrari, solco
ripido adiacente la Direttissima - solo per ‘puri’ a detta di Italo,- ed invece
stiamo raggiungendo la parte più elevata di Fondo di Maiella, salendo da un
canale a sinistra di essa, per facilitare la discesa dei principianti che oggi
sono più numerosi di noi veterani.
La scelta della via è stata
anticipata dalla bella scoperta di un’orchidea maculata, che ha ristabilito il
rapporto con questa natura esplodente di odori, profumi, roccia e neve,
regalandoci comunque una salita dalla linea elegante e continua, mai difficile
o variegata, piuttosto panoramica e tranquilla.
Forse troppo, la sua capacità è di
ascoltare immobile frasi consapevoli, ragionamenti susseguenti, dissertazioni,
incollando le parole alla roccia, rimbalzandole negli ampi spazi circostanti,
pallide, prive di colore, metamorfiche nel bianco dell’intorno, gelate come
l’animo, liquide e trasparenti allo sciogliersi di quel calore che rimanendo
imprigionato nelle fessure rocciose rende lacrimoso lo spirito.
Quando arriviamo in cima siamo
purificate nell’animo, e splendenti al bagliore del sole e dei riflessi che
emana Maurizio, anche lui ormai mimetizzato con la roccia e il suo calore.
Ma si riparte subito, come è
d’obbligo quando l’ultimo arriva (e male alloggia..), ma questo non mi
sconvolge, non sono stanca, e adesso potrò solo godermi la discesa, al
contrario dei principianti!
L’attimo di esitazione è sulla soglia
di quel Fondo pendente e avvolgente, all’inizio non tutto coperto, tanto da far
ragionare sulla prima curva: i veterani sono già in fondo al Vallone quando i
principianti tentano di partire.
Chi sceglierà la lunga diagonale, chi
deciderà l’ardimento dello stretto salto, e chi come Maurizio la risolve che è
meglio avvantaggiarsi sul ripido a schiena in giù e sci elevati, almeno un pò
di metri li abbiamo eliminati...e anche senza bastoncini!
Tengo compagnia ad Ornella, che
trattiene il suo ginocchio da altri dolori, ma talvolta è imprigionata lei
stessa in quella neve traditrice ed infida.
La sciata non è entusiasmante, ma è
come se si fosse volatilizzato un peso dal cuore, ed il rientro nel lungo
traverso è a seguire la calma delle foglie maculate che si dischiudono con il
trascorrere del tempo.
L’attesa dei bolognesi diretti verso
questo versante di montagna è più lunga del loro arrivo, dopo una giornata resa
entusiasmante per loro da una perfetta cornice a contorno del Maiori che per festeggiare
la loro presenza ha deciso di lasciarsi un pò andare, in compagnia di un local che li ha accompagnati a girovagare in quelle
pieghe selvagge e sinuose, sconosciute, mai limpide e lineari.
L’incontro sarà per il giorno a
venire, alla scoperta delle costole ancora nevose nelle Rave, lì dove il pianto
di Maia sarà reso più acuto e disperato, ma dove anche il suo animo ritroverà
per sempre la pace al suo dolore.
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