“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

..E STORIA: Rovine e trionfi



……..E STORIA……….


Ancora a Sud, diretti a Bam, la città delle palme che pare una sentinella a guardia del Dasht-è Lut, il deserto di polvere che separa l' Iran da Pakistan e Afghanistan. Bam s' annuncia all' orizzonte con la striscia verde dei suoi palmeti oltre i quali c' è quello che ci ha portato quaggiù: Arg-è Bam, un' antica cittadina di fango stretta in una cinta muraria di un paio di chilometri e dominata da un castello fortificato. Passiamo davanti al posto di guardia, poi ci arrampichiamo su rampe di gradini di fango sempre più alti, fino a raggiungere il camminamento sotto le mura merlate. La visione d' insieme sembra il risultato di un sortilegio: il tempo ha eroso i muri, ha fatto crollare soffitti e volte e tutta la cittadina sembra sul punto di liquefarsi al calore dell' ultimo tramonto che disegna una scacchiera d' ombre viola tra gli edifici. Solo la fortezza emerge su tutto, dorata dal sole, e pare davvero un castello incantato; uno di quei castelli che sembrano inespugnabili.” (Viviano Domenici, Corriere della Sera, prima del Dicembre 2003)

Qui, nel 1979, il regista Valerio Zurlini girò parte del suo «Deserto dei Tartari», tratto dall' omonimo romanzo di Dino Buzzati:


“...Le mura in quel punto seguivano il pendio del valico, formando una complicata scala di terrazze e ballatoi. Sotto di lui, nerissime contro la neve, Drogo vedeva, alla luce della luna, le successive sentinelle, i loro passi metodici facevano cric cric sullo strato gelato.” (D. Buzzati – Il Deserto dei Tartari)



26 dicembre 2003  :


 <<La terra è posta su uno dei corni di un immenso toro, che a sua volta si appoggia su un pesce, da qualche parte nella costellazione delle Pleiadi.
Quando in qualche angolo del mondo c’è troppa ingiustizia, il toro va in collera e fa oscillare la terra da un corno all’altro>> (La via per Isfahan – G. Sinouè)


                          


2000 anni di storia tra rovine....


Mentre scendo le scale dell’albergo, mi blocco di colpo.


La stretta al cuore mi prende fissando un enorme manifesto con due immagini: Arg-e Bam prima, Arg-e Bam dopo il tremendo terremoto.







E il mio pensiero corre inevitabilmente a Lioni in Irpinia, 23 novembre 1980, a S. Angelo e Torella dei Lombardi: le macerie, le case spezzate, gli interni fulminati, i muri crollati, i morti, la disperazione, la rabbia, le crepe, le lacrime, la polvere, la forza, la volontà, il freddo, il fango, lo sguardo attonito, la solidarietà. Tutto inglobato nei cumuli di terra, negli incontri con la gente, nella sofferenza di chi ha perduto molto, troppo, tutto.


Vent’anni dopo: l’emozione, i sorrisi, le salde mura ricostruite, nomi che si ritrovano, episodi che si ricordano, risate e commemorazioni che ringraziano noi, gli ‘Angeli del terremoto’, nel giorno della memoria. Ancora oggi, dopo quasi trent’anni, a guardare quella foto sento la terra tremare sotto i piedi, i solchi che aspettano la chiusura, le vibrazioni che scuotono l’equilibrio, attirano verso il basso, fanno apparire una lacrima.

..L’amore di Maryam è più forte del terremoto. Bam è tutta la sua vita. Ha trascorso tutti i suoi 40 anni qui, senza mai allontanarsi. A Bam ha giocato per la strada con altri bambini, è cresciuta e diventata donna. A Bam ha trovato l’amore della sua vita, suo marito, che le ha dato la gioia di undici figli. Maryam il 26 dicembre ha perso tutto. Ha perso il marito e quattro dei suoi figli nel devastante terremoto che ha colpito la città del sudest iraniano.
La Mezzaluna Rossa Iraniana (Ircs) le ha dato una tenda per dare riparo a quel che resta della sua famiglia, ma è piccola e non ci stanno tutti. Così i quattro figli più grandi sopravvissuti sono andati a vivere dal nonno, poco fuori città. Maryam ha piantato la tenda nel punto esatto dove sorgeva la sua casa, dove la sua famiglia povera ha passato tanti momenti importanti.
Bam le ha dato tutto e tutto le ha portato via, ma lei non vuole lasciarla.

Forse sentirebbe di tradire quella grande città, antica e orgogliosa, che ora è in ginocchio. Forse vuole soltanto tenere unita la famiglia nonostante tutto. .. (Christian Elia, giornalista di peacereport.it)



A Bam e nella sua cittadella, sotto secoli di storia seppelliti dalla rossa terra, non c’è rimasto niente da vedere, solo morti da ricordare, e un passato di vite da ricostruire.


Arg-e-Bam                                                 foto dalla rete


Con questo spirito affronto Rayen,


sua gemella minore di fango e mattoni, creta plasmata dall’acqua e dalle intemperie, dai passi e dalla polvere,


tra sole e ombra, soffusa nell’eco di genti lontane, di vita e mestieri racchiusi e intrappolati nelle solide cinta orlate resistenti ai secolari anni, mura che abbracciano l’oramai maestoso silenzio.



Non un velo nero attraversa il suo interno, solo mute parole che sfuggono ai tetti, scivolano lungo le arrotondate cupole argillose e si aggirano senza pace nei vicoli dell’abbandonata cittadella.






.....e trionfi nella grande terra dei grandi Re 






     I PROTAGONISTI:                                    GLI ANNI:

CIRO II, il Grande                                      559-530  a.C.   creò l’Impero Persiano e Pasargade

CAMBISE II, suo figlio                               529-522  a.C.   creò il caos e parte dell’impero

DARIO I, genero di CIRO II                      522-486  a.C.   creò Persepolis, iniziò l’Apadana e i Palazzi

SERSE, il Grande                                          486-465  a.C.    creò la Porta delle Nazioni e ultimò l’Apadana
                                                                                                e i palazzi. Mise a sacco Atene tra il 481 e il 478

ARTASERSE  I                                               465-424  a.C.   ultimò la Sala delle Cento Colonne

DARIO  II                                                        424-405  a.C.   
ARTASERSE  II                                               405-359  a.C.     Gli altri godettero di siffatto splendore!
ARTASERSE  III                                              359-338  a.C.
ARSE                                                                338-336  a.C.
DARIO  III                                                      336-330  a.C.

ALESSANDRO MAGNO, il Macedone                330  a.C.         sconfisse gli Achemenidi, uccise Dario III e
                                                                                                     bruciò Persepolis, leggenda vuole, per vendicare
                                                                                                     il sacco di Atene.




La grande pianura si estende infinita, spezzata da monconi di colonne saldamente ancorate al pavimento lastricato in marmo.

Nella immensa spianata deserta, è sorta Pasargade, antica capitale del Regno persiano, edificata da Ciro il Grande, e patria della sua tomba, oltre che della sua magnificenza. Quel che resta sibila al vento, non trova spazio dopo la grandiosità di altre più famose e vicine rovine; i suoi geometrici resti resi lisci dal tempo e dalle intemperie non lasciano trasparire la bellezza di un tempo, ma solo un grande raccoglimento.

Padre e figlio sono ricongiunti negli antichi splendori di quelle opere che millenni fa rappresentavano ‘il giardino del paradiso’, complesso glorioso creato per ricevimenti e residenza, centro di potere ed espansione; uomini abbandonati alla tristezza dei tempi, nella grandezza di questa città trasferita in altre maestose e sfarzose dimore, create dalla Storia per resistere grandi nella Storia.

"O uomo, chiunque tu sia e da qualunque luogo tu venga - ma che tu verrai io lo so - io sono Ciro, colui che fondò l'Impero Persiano. Non mi invidiare questo poco di terra che copre il mio corpo".
(Plutarco – Vita di Alessandro)

Abbandonata ai fuochi del tramonto, la semplicità della sua tomba domina la vastità desertica, lasciando al viaggiatore l’incarico di colmare con la ricchezza della sua sapienza e conoscenza l’immensità di questa vivente opera.

Trent’anni più tardi, colui che si fregiava di portare il regale appellativo «Io sono Dario il Grande, il Re dei Re, l'Achemenide», - protetto dal divino Ahura Mazda, il dio delle buone opere, - circondato dalla forza e fedeltà di 10.000 uomini d’onore, guerrieri e immortali, e dalla potenza, ricchezza ed espansione di 23 stati estesi dall’India alla Tracia, fino in Macedonia, trova la capacità di celebrare la magnificenza delle sue conquiste concentrando l’essenza della sua egemonia imperiale nella nuova capitale, Persepolis, complesso monumentale di altissimo e antichissimo valore celebrativo, architettonico, allegorico, descrittivo.



Venti secoli e più fa mi sono spinta sulla cima più alta della Montagna della Misericordia, Kuh-e Rahmat, ai cui piedi sorge questo immenso complesso difeso da imponenti mura perimetrali, sollevato dal terreno da basamenti di pietra che ne ergono la sontuosità, accessibile solo da una doppia rampa convergente i cui bassorilievi, passo dopo passo, staticamente, ti conducono sino alla Porta delle Nazioni.


Qui sta sfilando l’ordinata sequenza dei popoli ossequianti.






Giunti sotto lo sguardo vigile dei tori androcefali, come a scacciare il male per far entrare solo il bene, la lunga colonna umana stampiglia nella memoria le parole incise in tre diversi idiomi: <<[..]..Serse Re, unico Re di molti, unico sovrano di molti. Io sono Serse, il grande Re, il Re dei Re, il Re dei popoli dalle numerose origini, Re su questa  grande terra lontana e vasta.>>. (Iscrizione sulla Porta delle Nazioni, Persepoli)


Dall'alto di questo dedalo di beltà spiccano i tetti lignei sostenuti negli ampi spazi da colonne alte oltre venti metri, erette e reggenti capitelli raffiguranti ogni sorta di simbologia animale: il toro, il leone, il grifone, il tutto circondato e protetto dal buon dio zoroastriano.


Mi fermo ed ascolto la nenia regale che costituisce la melodica sinfonia di 23 voci:

Vengo da Babilonia e ti dono tessuti ricamati e bufali;
Vengo da Ionia e ti dono tessuti fini e gioielli;
Vengo dall’ Abissinia e ti dono profumi, una zanna d’avorio e una giraffa;
Vengo dall’Arabia e ti dono stoffe e un dromedario;
Vengo dalla Lidia di Sardi  e ti dono tessuti fini....................


....ed il suono si affievolisce, man mano che la lenta processione si spinge fino al Trono di Jamshid, sfilando nel Palazzo delle Cento Colonne, inseguendo scalinate e atri, in attesa di essere ricevuta dal Re dei Re.

Questo era l’inizio dell’anno nuovo, la grande parata imperiale, con i suoi soldati, le sue genti, i suoi simboli, i suoi auspici, le sue difese, le sue conquiste, i suoi indumenti, le sue nobiltà, la sua giustizia, la sua potenza.

E ancora dall’apice della collina osservo quel miscuglio di elementi e stili provenienti da tutto il mondo: Assiria, Egitto, Babilonia, Media, Partia, Scizia, Battriana, Gandara, Aracosia, fin dalla lontana India; doni, vestiari, copricapi, alberi, animali, divinità.
Uno di seguito all’altro, uno in fila all’altro, tra Medi e Persiani, cipressi e pini, uomini e pietra scorrono fino alla staticità delle tombe degli ultimi due Artaserse, - incassate sul rilievo da dove scorgo indisturbata quel clamore di gente,

-  raggiungendo l’apice della grandezza imperiale in vita con la costruzione degli enormi sepolcri a forma di croce dei Grandi Artaserse I, Dario I, Dario II e Serse, per dare riposo eterno a tutti i Re dei Re:



<< [...] Io sono Dario il Gran Re, Re dei Re, Re di paesi in cui vivono tutte le razze degli uomini, Re di questa grande terra per ogni dove, figlio di Istaspe, Achemenide, Persiano, figlio di un Persiano, Ariano di discendenza ariana [...]>>.(Iscrizione dalla tomba rupestre di Dario I di Naqs-i-Rustam) 


Ma la magnificenza di questo vasto impero ancora deve conoscere il suo culmine: dall’alto della Storia vedo ardere le fiamme di un rogo elevatissimo, imponente, maestoso come il suo governo e  il suo dominio, mentre un nuovo Re, quel Macedone,
Alessandro Magno, celebra la sconfitta degli Achemenidi, esaltato dalla voce del cantore: << Popolo dei Persiani, ora che Dario è morto, subito trova in Alessandro un nuovo grandissimo Re..[ ]..il Re di tutta la terra..[ ]. Gioite quindi con noi al nome di Alessandro, il più grande dei Re.>> (Romanzo di Alessandro – III sec. a.C. - I d.C.) 

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