“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Montanari e orizzontini




Montanari e orizzontini

15 Maggio 2007   Gruppo del Sirente-Velino : Monte Sirente per la Neviera; discesa per il canale Maiori
                                                                                                                                              Gita scialpinistica



Un vasto giro di telefonate il giorno prima, e-mail schizzate tra montanari e orizzontini, prima solo montanari, poi tutti gli orizzontini, con alcune esclusioni eccellenti: Lorenzo – in altre montagne affaccendato – Moshen, Flavia....

Colta da disperazione e fermamente convinta ad andare, sono rammaricata che buona parte degli orizzontini non venga, ma sarà per un’altra volta.

Alle due del sabato la situazione si capovolge: Stefano che doveva andare in Maiella verrà raccolto con tutto il suo bagaglio di valigie e buste da qualcuno che rinunciando ad altra gita passa per sbaglio a Sulmona, per cui la sorpresa su quanti e chi siamo la verificheremo solo sul piazzale della partenza.

Destinazione: Sirente, dal versante sbagliato per una stagione sbagliata, con gli strumenti sbagliati.

Ma tutto ciò non ferma l’allegra brigata che, alle 6.30 del mattino, si è moltiplicata ed è riuscita a riunire un folto gruppo all’autogrill: anche qui un assente eccellente, Eugenio Occulto, che si manifesterà in tutta la sua interezza solo allo Chalet.

L’avvio come al solito non è univoco; si fa la gita tutti insieme, ma per strade diverse: e così gli sci-ssionisti decidono la salita per il Maiori, mentre il restante nutrito gruppo si avvia pesantemente, chi con gli sci, chi con le ciaspole, chi con i big–footh, ma tutti con i ramponi e cane al seguito, verso i canali a sinistra della Val Lupara, su suggerimento di Stefano.

La scelta è vincente, il passo pure: quello speedy di Eugenio, non proprio occulto, che rivedremo solo all’arrivo o nelle foto, Giorgio che è stato trattenuto solo dallo sconosciuto percorso, ultime, ma non meno agguerrite Serena ed io, a goderci le salite del bosco, del canale, del traverso ed ancora dell’ultimo incavo.

Tracce nel bosco, a seguire i segni, e poi in ordine sparso, lasciano intuire la guida del gruppo: gli affondamenti nella neve di passi da gigante ci impediscono di aumentare il passo già provato da una settimana faticosa; ma questo ci permette di chiacchierare, tra donne, di cose di donne.
La prima uscita dal bosco ci lascia incantate: sopra di noi si sviluppa un canale incassato tra le rocce, immerso nella neve, in contrasto con le cengette verdi affioranti sui lati di esso.

La salita è uno spettacolo, con lo sguardo rivolto all’impronta, al sole, al canale e la voglia di voltarsi.
Alla fine prendo coraggio e mi giro, e vengo ripagata da un panorama mozzafiato: impossibile descrivere la sensazione di essere sopra al mondo in quel mare di colori, roccia, gelo, vita in crescita, spalti rocciosi in parte minacciosi, selvaggi, per lo più attraenti.

L’esperienza di chi sale la prima volta deve essere stata unica, a cercare il sole nel pendio successivo, a scoprire la cresta e l’immenso panorama dietro: una svalangata Val Lupara, dalle nevi sfaldate, riscaldate, scivolose e scivolanti, per nulla silenziose, ad urlare ai presenti la sua potenza e la sua magnanimità.

Alla vista del traverso sotto le rocce il mio cuore ha un attacco: per fortuna c’è ancora qualcuno sopra, prima Claudio con il suo improbabile cappello, e poi Alex, che non finirò mai di ringraziare.

Ma la mia mente ormai è stata risucchiata da quella linea spaventosa: copiose lacrime lavano una settimana di orrido stato d’animo, e a coronare lo spaventoso traguardo, inquietanti suoni cupi accompagnano il mio passo incerto ma veloce, riecheggiando nella Valle. Quello stesso traverso che Eugenio, con lasca dimestichezza, ha affrontato piccozza a valle!

A guadagnare rapidamente la costola siamo sole, Serena ed io, e mentre entriamo nel secondo canale tra roboanti e preoccupanti suoni, il cielo è ormai coperto di minacciose nuvole nere, che regalano all’ambiente una contrastata severità e bellezza indescrivibili.
I bordi ghiacciati e stratificati, simili a seracchi, ci incantano più del primo incasso: la pendenza ed un volto amico affacciato, ci solleverà lo stato d’animo ed il passo:


“..ed ecco il respiro lento dei canaloni, le grida acute dei gracchi, l'alito gelido dei ghiacciai estinti che ancora emana dagli anfratti più cupi per poi svanire tra le chiome di betulle gentili. Più in alto creste aguzze, spigoli sospesi e, scavalcando il crinale, l'inatteso distendersi degli occhi sugli infiniti pendii erbosi che calano piano a sciogliersi nell'ampia foschia del Fucino...”. 

I primi fiocchi di neve scendono sugli abbracci con Alex ed Ornella, che ci addolcisce la pillola futura con la sua magica cioccolata.

Da lì, portare il pesante fardello all’incrocio con il colletto del Maiori è cosa semplice, molto meno che convincere l’indignata Roberta ad arrivare in cima, da dove in parecchi stanno già scendendo.

La selletta di attacco del canale è piena: uno sguardo alle cornici ci rassicura, ma la neve pesante questa volta non ci farà sognare. E così, con lunghi tornantoni le piccole pedine si spostano verso il basso.

Le ginocchia degli appiedati le vedremo solo sulla pietraia terminale, gli equilibrismi di Stefano F. sugli scietti, i voli puntati e catastrofici di chi osa oltre il possibile, chi conta di scendere insieme ad una slavinetta per far prima, chi ci lascia le scarpe e chi il cervello, il tutto sotto lo sguardo attento e vigile di un silenzioso Federico.

Ed il bosco in discesa è riposante, unico, con i suoi alti e vecchi faggi, dormiente, animato solo da chiacchiere di donne per le donne, fino all’incontro con l’Occulto Eugenio, che in una sorta di bontà alpinistica e amicale ha voluto condividere con noi almeno la fine di questa splendida, faticosa, magnifica giornata sulla neve.

Montanari e orizzontini, ormai il tracciato è aperto per gioire tutti insieme di verticalità romane e orizzonti montanari,

solcati e allineati come sempre
dalla penna della vostra Derspina



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