“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Un grande racconto per una Rava Grande


Il secondo ramo - calpestando la terra
Racconti montanari



Un grande racconto
per una Rava Grande

6 Aprile 2007   Gruppo della  Moiella - Monte Morrone per la Rava Grande; discesa per la Rava del Confine                   Gite sulla neve




Da dove inizio?
Vorrei aver avuto la penna lassù, mentre salivo e osservavo...e pensavo...e scrivevo...e raccontavo...e immaginavo...e ridevo... e piangevo, e ancora una volta mi stupivo di come questa montagna costringe al buon umore, alle confidenze, all’ analisi, a gioire del solo essere lì, immobile e perpetua, la stessa ma diversa, a tirar fuori ogni volta qualche sensazione che ancora non conosci, che non sai di possedere, che spunta fuori quando meno lo immagini, ti faccia piacere o no.

Cercherò di mettere in riga orizzontale quelle mille e più parole che ancora aleggiano nell’ aria della Rava Grande, verticali come il suo canale; bruzzolose come la sua neve, nascoste perchè bianche, ma scintillanti e riflettenti alla luce del sole,  già scritte se il nostro destino è segnato, libere se nessuno le insegue e le cattura.

Ma io le ho accalappiate, e le ho trascinate su, lungo questa malsana idea di ritornare a ritrovare i panorami e gli scorci di un canale vertiginoso imbiancato, interrotto solo dalle guglie rocciose e dagli spalti di cenge, racchiudenti e avvolgenti ancora l’ ultima neve prima della sua scomparsa.

Riscoprire l’ imbocco del canale Rava Grande al Morrone è oggi molto più difficile della volta precedente: la neve che non c’ è l’ ha reso irriconoscibile, per cui approfitto della sosta per andare a verificare più avanti se effettivamente l’ attacco è quello giusto. Questa esitazione mi garantirà uno splendido 3 a 0 con il resto della compagnia: l’ ultimo di tre camosci è a un metro da me, e corre via veloce, così come è arrivato.

Dopo questa baldanzosa partenza, l’ avvio è su ripido ghiaione dai grandi sassi; lo sguardo in su a verificare che la neve ha sì chiuso il crepaccio, che solitamente spacca questa montagna, ma l’ ha anche resa frastagliata, gobbosa, gibbosa, tanto da farci calzare i ramponi e lasciarci vagare come piccoli esseri umani tra minuscoli seracchi. Ed in questo peregrinare vorticoso sul piano inclinato, anche la testa di Stefano girovaga priva di zuccheri, lasciando la salvezza alle sue donne, impavide, convinte, motivate, ammaliate da questi suggestivi panorami di aeree asperità carsiche, spalti verdi, anfiteatri gonfi di solida neve, circondati dalle sorelle Rave della Maiella, di fronte illuminate da un sole caldo e brillante, così come incontrastato è il cielo blu di sottofondo.

Ricucito il taglio delle parole con un dolce merletto assai aggraziato, il quartetto, tirato in alternanza, decide all’ unisono la via da seguire: quella più intuitiva per Stefano, quella più sicura per Anna, quella più elegante per Cristina, quella più spettacolare per Flavia e quando arriva la telefonata: “Anna, ma dove sei?” – la risposta più ovvia è: ”in cima al cielo”, espressa con il più ampio dei sorrisi e la più grande soddisfazione derivante da una salita integrale.

Ma per gli occhi di Cip e Ciop la veduta non è finita, la sfilata di parole che vagano nell’ aria è ancora lunga, e catturarle tutte è come infilare quelle scaglie di neve gelata, depositate sui pianori sovrastanti, nei tanti aghi di un grosso telaio: il disegno più bello lo intessono loro.

Scintillanti, trasparenti, appoggiate delicatamente una a fianco all’ altra, così come dolcemente sono rialzate dal suolo, unite a minuscole goccioline caleidoscopiche, l’ intorno che sembra un lago e uno specchio, solcate solo da tre tracce di orme che si riuniscono in un’....unica via verso la cima.

E tu, che fino a quel momento avevi ceduto solo all’ entusiasmo di una splendida ascensione, molto più che riconciliante per il tuo scalcinato essere, non hai resistito alla commozione, unendo le lacrime alla catena di parole, impegnando la mente a ringraziare chi, con pazienza e volontà, ti ha accompagnato a ritrovare quello che avevi per un pò abbandonato senza motivazione per mancanza di motivazione.
E se l’ amicizia può essere grande come la rava appena solcata, immenso è il panorama che si apre da lassù: per qualcuno sarà sempre lo stesso, certo, è lì da secoli, ma ogni volta mostra un volto nuovo, una certezza diversa, un magnifico modo di essere, un desiderio di affrontarlo, di appagare l’ occhio, lo sguardo, il cuore, la gioia di dire “ci sono anch’ io in questa magnificenza”.

La stanchezza si avvia nel nostro corpo come la decisione di scendere dalla Rava del Confine: non rimpiango gli sci, anche perchè voltarsi indietro e sorridere delle nostre tracce splendenti è come inebriarsi di curve appena fatte, e va bene così, il cervello indaffarato alla ricerca intuitiva di un sentiero non evidente, ma già conosciuto.

E i traversi ancora impegnano, il bosco richiama alla memoria le nostre sapienti conoscenze in fatto di orme: del cane, del lupo, del camoscio, dell’ uomo - ma no sono ramponi – ma che dici sono unghiate dell’orso! E così ridendo e scherzando scendiamo, scivoliamo, chiacchieriamo, esitiamo, incrociamo le nostre, di impronte, a quelle già presenti, di chiunque siano.

Infine, stremata  mi lascio andare, negli ultimi metri, a quella che il Papa in quel giorno ha dedicato alle donne, la mia Via Crucis, con la testa che mi gira, la fatica che ha preso il sopravvento, la tentazione di non rialzarmi dall’ ennesima caduta prima della strada.

Ma la giornata è stata troppo bella per farsi sopraffare dalla debolezza, sai che le energie ti torneranno dopo una notte di riposo; ed infatti la tua mente già lavora alle sei del mattino successivo, quando indifferente non rispondi alle lunghe e incomprensibili frasi di Flavia, credendole un suo sonnambulismo, ma verificando più tardi che in realtà era un suo richiamare la tua attenzione, anche lei vigile con gli stessi tuoi pensieri, la medesima voglia di affrontare una nuova giornata per qualcosa di grande.

E ancora una volta lo sarà,
parola, finalmente orizzontale,
della vostra Derspina

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