Lui è Handala.
É il “bambino piccolo un po’ spelacchiato” rappresentato quasi sempre di spalle nelle illustrazioni di Naji Al Ali, vignettista palestinese.
“E' un bambino, piccolo, un po' spelacchiato, piedi nudi e toppe sui vestiti, difficile vederne il volto perchè sta sempre di spalle.
E' così che Naji Al Ali disegnava Handala, il suo personaggio principale. Handala c'è in quasi tutte le vignette di Naji, una presenza muta, ma ostinata.
Come quella del popolo palestinese al quale si vuole negare identità, ma che come Handala, c'è.
Handala senza volto riesce a gridare contro la negazione.
Volta le spalle a chi ha voltato le spalle al dolore dei palestinesi e guarda, guarda le vicissitudini della sua gente che Naji disegna con amore. Se sul volto di Handala ci sono lacrime o sorrisi solo quella gente potra scorgerli, perchè è girato costantemente verso di loro.
Voglio immaginare anche Naji di spalle, mentre disegna con quel suo tratto sottile ed insinuante come la sabbia del deserto, curvo sul foglio sul quale tesse il racconto del suo popolo, mischiando all'inchiostro il dolore e l'ironia, la rabbia e la poesia.
Tutta la sua intelligenza e la sua fantasia costrette dall'amore a concentrarsi su un dramma.
Quanti fogli ha riempito. E Handala, con la sua schiena, sempre li, forse per tenerci un po' distanti da quei disegni di cui fa parte e che gli appartengono. E' lui il primo a guardarli. Noi possiamo solo sbirciare da dietro le sue spalle imparando la dignità. Noi gli occidentali, noi gli israeliani, noi gli emiri o i piccoli dittatorelli dei regimi arabi, perchè il popolo di Palestina è dall'altra parte del foglio e può vedere il volto di Handala in quello dei tanti bambini, suoi figli che colmano con le loro risa, i loro giochi e troppo spesso con le loro morti, le strade polverose dei campi profughi, i vicoli antichi di Gerusalemme e gli uliveti d'argento della Cisgiordania.
Naji aveva la fortuna degli artisti, poteva usare il foglio come una porta magica, attraversarlo e raggiungere la sua terra anche dall'esilio.
Naji aveva la generosità dei poeti e cercava di portarci con se, per aiutarci a capire. Naji e morto, è stato ucciso, rimane solo Handala.
Chissà forse se impareremo a guardarlo con gli occhi di un palestinese un giorno si girerà verso di noi. “ (Tratto dal volume "No al silenziatore" di Saad Kiwan e Vauro Senesi)
"Il bambino Handala è la mia firma, tutti mi chiedono di lui ovunque io vada. Ho dato alla luce questo bambino nel Golfo e l’ho presentato al popolo. Il suo nome è Handala e ha promesso al popolo che lui rimarrà fedele a se stesso. L’ho disegnato come un bambino che non è bello, i suoi capelli sono come i capelli di un riccio che usa le sue spine come arma. Handala non è un bambino grasso, felice, rilassato, o coccolato. Egli è a piedi nudi come i bambini dei campi di rifugiati, ed è un'icona che mi protegge dal commettere errori. Anche se è ruvido, profuma di ambra........Inizialmente era un bambino palestinese, ma il suo significato si è sviluppato con un orizzonte prima nazionale, poi globale e umano. È un semplice bambino povero, e questa è la ragione per la quale le persone lo hanno adottato e lo sentono come simbolo della loro coscienza....... (Naji Al Ali)
Ho visto per la prima volta Handala nel suq arabo di Gerusalemme, un piccolo souvenir da cui ti senti attratta ma non ne conosci il valore. Ho resistito alla tentazione di comprarlo e oggi me ne pento. Ho lasciato lì questo piccolo ricordo dal grande significato: basta leggere qualche pagina della rete e vedere le illustrazioni per capire che dietro questi pochi schizzi disegnati c’è una vita di lotta e ideali, di convinzione e tenacia per la determinazione dei diritti dei popoli, che Naji Al Ali aveva fatto propri nel divulgarli a chi lottava, come incitamento a non mollare, a non cedere mai, anche con determinazione.
Perchè iniziare da un simbolo a raccontare questa Terra Santa vissuta per poco tempo, ma che ha lasciato al rientro in occidente un baratro di non conoscenza da colmare?
Forse perchè Handala è un bambino, e i bambini sono da sempre le persone più indifese, ma anche le più tenaci a descrivere con semplicità desideri e misteri, tragedie e serenità. O forse lo utilizzo anche per legare quel dramma ormai storico rappresentato dalle vicissitudini in Terra di Palestina, intesa nel suo senso più vasto, che abbraccia non solo la terra di Israele ma anche gli Stati confinanti: il Libano, la Giordania, la Siria; territorio in cui alcuni conflitti oggi si stanno modificando, forse a maggiore coscienza delle parole piuttosto che con le armi, ma che non permettono completamente a queste ultime di essere posate. Prova ne è l’aspetto esteriore, e purtroppo non solo quello, delle zone visitate e dei suoi sorveglianti, armati fino ai denti, protetti da muri di cemento, fili spinati, recinzioni, telecamere, che talvolta rendono viaggiare attraverso il Paese una sorta di continuo sfuggire alla realtà, giustificazione al fare finta di ‘non vedere’ o riproponendo la solita frase : <beh, che ti aspettavi? Si sa che è così!>.
Ma tra il presupporlo e l’esserci il salto è notevole, e dopo esserci stata diventa un baratro da colmare.
Ma tra il presupporlo e l’esserci il salto è notevole, e dopo esserci stata diventa un baratro da colmare.
Diventiamo testimoni inebetiti di una verità spesso cruenta e violenta, ma conserviamo intatto il momento in cui torniamo nel nostro pacifico vivere civile occidentale, come se essere turisti ci garantisce dallo scoprire e partecipare la vera certezza. Per questo aspetterò che Handala si volti verso di me.
Premetto che il viaggio è avvenuto solo nelle zone più importanti legate ad un percorso cristiano, la cosiddetta Terra Santa, luoghi dove si sono svolti i più importanti e caratterizzanti eventi biblici, appellati così dagli stessi cristiani: Galilea, Samaria, Giudea.
La mia partecipazione è laica, per cui tutto ciò che riporto è frutto di quelle sensazioni e riflessioni derivanti dal mio aver vissuto nel sociale del mondo, così come si è presentato, come l’ho elaborato sul momento, come l’ho metabolizzato successivamente al rientro, senza peraltro privarmi di quella ‘spiritualità’ che comunque tali luoghi involontariamente imprimono.
E’ d’obbligo premettere anche che la questione israelo-palestinese è molto, ma molto più complessa di qualunque riflessione possa avermi stimolato questo viaggio, anche per gli spunti ed approfondimenti che inevitabilmente esso sta creando: non è mia pretesa qui analizzare né le cause del conflitto, né esplicitare soluzioni, ma, pur non rimanendo neutrale, condividerò con quanti hanno vissuto una seppur minima esperienza in questa Terra la realtà che abbiamo conosciuto. Per questo limiterò la breve cronistoria e la descrizione sommaria degli eventi occorsi fino al 1948, anno in cui è stato fondato lo Stato di Israele; le date aiuteranno a contestualizzare i luoghi in funzione degli accadimenti che si sono succeduti dagli anni avanti Cristo fino a quella data, lungo periodo storico che ha visto originare, stratificare e trasformare le cause del conflitto odierno.
La sola certezza che ho avuto è che per capire la Storia e l’attualità occorre andare, poichè solo affrontando le situazioni che si propongono in questo Paese ci si può creare una coscienza della realtà che appare agli occhi che vogliono vedere, e di alcune delle più evidenti contraddizioni e problematiche che caratterizzano il conflitto israelo-palestinese. E non si può prescindere, se si vuole un minimo capire, nè dalla Storia, intesa come cronistoria delle popolazioni sin dalle loro origini e dalla storica conoscenza degli eventi che si sono succeduti nell’antichità, nè tantomeno dall’attuale spartizione e appropriazione dei territori, che indiscutibilmente generano l’odierna situazione di contesa, qualunque siano i termini, violenti o meno, tra le popolazioni.
In questo collage di passato, presente e conflitti Lorenzo Kamel trasmette alcuni interrogativi con i quali introduce il suo lavoro di analisi storica “Israele-Palestina. Due storie, una speranza” :
Di domande se ne possono fare molte e tante altre, molti riferimenti bibliografici analizzano la situazione sotto molteplici punti di vista.
Ciò che rimane comunque vero è la realtà vissuta da chi oggi è protagonista sul territorio, noi occidentali coscienti in fondo possiamo solo capire stando alle spalle di Handala ‘imparando la dignità’, e aspettare attivamente che un giorno lui si volti.
Nessun commento:
Posta un commento