“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Alle soglie del sole







Specchietti rilucenti scintillano in questa distesa bianca, dove lo sguardo non sa che giro fare: chissà perchè la neve è magica. Dove si posa tutto riflette, infiniti spazi ricolmi di una luce che non c’è, il bianco è ‘vuoto’, ma pieno dei suoi splendidi colori.
Contemplo affascinata questo leggero posarsi sui rami degli alberi, il sole che invita con i suoi raggi a spegnere la luce e a trovare il contrasto, a inseguire le linee a contorno di questa delicata pienezza, scintillando di caleidoscopici bagliori ad ogni impercettibile movimento dello sguardo.


Anna! Ci sei cascata un’altra volta in questa magnifica passione, dell’andare, del rapire con gli occhi, del creare poesia nel suo luogo naturale, del gioire della compagnia in quella landa sconfinata solitaria. Da sola con gli altri, con gli sci, quel lento movimento che eleva l’animo e il corpo, oltre che i metri di dislivello!



E l’inizio è una convinzione serale, - se vieni tu vengo anch’io -, ed è fatta. Nessuno lo dice apertamente, ma la giornata è uno schianto di sole, fresca quanto basta a lasciare i pezzi nello zaino durante la salita; tutti sci fini, esclusi i miei che scandiscono rumorosamente il passo. Ma cos’è il peso di fronte a tanta bellezza?

Lo sguardo continuamente distratto da questo depositato candore, alberi ancora appesantiti di queste leggiadre particelle, che ad ogni caduta verso il suolo si spargono soffiate nell’aria come mille scintille nel cielo.



Berretti curiosi, cinghiali affamati, religiose nicchie regalano un diversivo  a tanta beltà; le risate risuonano ovattate nella piccola valle chiusa.





Cartelli che si incrociano e si divaricano suggeriscono altre mete, la tentazione è forte, ma vince la prudenza: in fondo per qualcuno è solo l’inizio e già l’impegno si pregusta tutto!





Da questo istante mi attardo a immortalare la natura che si scopre: orme di animali alla ricerca del sostentamento, i due binari che formano la scia verso l’indefinito, l’accumularsi di soffice purezza sui rami, peso appallottolato con la grazia di un nido, rami che genuflessi nell’inchino alla natura attendono di rinvigorirsi con il calore del sole per poter catapultare lontano le bianche catene che li hanno inchinati.











E d’improvviso, da lontano, si apre l’oceano, quell’unica onda il cui vertice è appeso nel vuoto ad avvolgere per metà il risucchio dell’aria e per l’altra metà il gelo che lo sostiene, così, libero nel nulla. Una duna bianca al lato di quel deserto gelato, incorniciato dai cespugli che costruiscono la sua difesa e il suo contrasto.







La grazia di Elisabetta si confonde con la naturalezza del paesaggio, il susseguirsi delle onde, il risaltare delle ombre e dei chiaro-scuri degli alberi.







Ma chi l’ha detto che non c’è la cima? Rocciosa e impervia si staglia nel cielo a gridare la sua sofferenza o a cercare in esso definitivamente la pace.....










L’estesa distesa bianca si apre inaspettata: solo un unico binario la fende, a raggiungere la vita alberata. 






Ed è lì che il sole è alle soglie di se stesso: fa capolino quel tanto che basta a dimostrare che c’è, ma tiene ancorate le sue riserve di luce per esprimersi ancora, linea luminosa che gareggia con le nuvole nell’eterna rincorsa del suo limite.







Attraversare per prima la sconfinata prateria nascosta oggi per me non è un onere, è soprattutto un onore. Osservare il formarsi della traccia galleggiando in quel mare leggero di chicchi gelati, fulminati dal freddo, sovrapposti a loro stessi per un infinito spazio di calore è come rincorrere la velocità dell’esistenza e la sua sopravvivenza: finchè c’è il gelo che la preserva, quella morbida spianata manterrà la sua bellezza, e tornerà incontaminata  a ricoprirsi ogni qualvolta qualcuno la violerà.




Ricerchiamo nel calore del fuoco la solidarietà della compagnia, palate di neve all’esterno riscaldano il ricovero e rinsaldano i legami per le battute, l’incognita della via, l’eterna ospitalità del rifugio in pietra.



Di nuovo nella frescura del pomeriggio, alla ricerca della via, la guida entusiasta di Ornella raggiunge l’obiettivo con naturalezza, ma non sono tutte rose quelle che fioriranno!




I primi pendii sanciscono il battesimo degli allievi, tra i sorrisi sornioni e le risate disinvolte di chi ormai non ha più niente da perdere... ma come al solito tocca a me raccogliere l’infinita dignità di chi, esitante ma caparbio, giù deve tornare!!






E’ un dovere morale in cui mi applico volentieri: immersa in questa grazia naturale assaporo molto lentamente la natura depositata sugli scoscesi pendii, guadagnando qualche curva di straordinaria leggerezza.



Al ricongiungimento, infine, è solo un voltarsi indietro a ritrovare la traccia percorsa e ad ascoltare l’immenso silenzio di un tramonto inesploso, inghiottito dal grigiore e dai deboli fiocchi di una neve che oggi ci ha regalato suprema meraviglia.....





Immersi a Camposecco con Roberto, Andrea, Alessandra, Ornella, Alessandra, Alessandro, Claudia, Elisabetta, Giampaolo e...

la vostra Derspina

1 commento:

  1. Grazie Anna!!! Foto e commenti superlativi, come al tuo solito...
    ornellik

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