“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

La montagna al contrario


Il secondo ramo - calpestando la terra
Racconti montanari


 

LA MONTAGNA AL CONTRARIO



28 Maggio 2006,  Monte Corvo - Versante Nord da Prato Selva per il Vallone del Crivellaro      Gita sci--alpinistica ?      


L’urlo muto e taciturno di Serena fa voltare di scatto le nostre teste, di Benni e mia, che silenziosamente stavano seguendo la sua salita. I suoi sci non tengono sul pendio ripido, le mani a graffiare la neve, come a tentare di fermare la corsa, ma nel pugno solo i bastoncini, inutilmente. Il mio cuore ha un tuffo, ‘speriamo che si arresti’, prego, ma la fuga è lunga e inesorabile, ed io sono già troppo alta sul canale per poterla aiutare.


La montagna si è presa il primo contrario: al posto di andare su, si è venuti giù.

Giù come le curve dei due scialpinisti ai quali abbiamo chiesto di farci mettere in contatto con Serena per capire come stava. Puntuale arriva la telefonata: nulla di serio, forse ci prova a salire, ma ho già la certezza che così non sarà. Come sono certa che Stefano E. rimarrà lì con lei, e con lui il mio sci.
Ebbene sì, ancora una volta questo M.Corvo ci manda al contrario: lo scorso anno con i birilli tra Paolo B. e Stefano e con la neve che ha accompagnato Lorenzo lentamente giù; quest’anno con Serena che, già esaurita in partenza come me, non ha dato la possibilità a questa neve di sostenerla.

Il secondo contrario arriva con me: la notte in bianco, già durante una settimana poco convinta a partire; ma per l’ultima grande sciata non potevo mancare. E così, miracolosamente in piedi alle cinque del mattino, inizio il volgere di una giornata per me molto faticosa e dolorosa. Le curve del Passo Capannelle e la salita a Prato Selva non contribuiscono certo a farmi stare meglio.
Un piede dietro l’altro, stancamente, arrivo ai pratoni di 1700 metri, dove sto per desistere.
La mia ultima decisione è arrivare nell’anfiteatro innevato ed aspettare lì il resto della compagnia.

Ma la giornata andrà diversamente: un provvidenziale Lorenzo, quanto mai deciso, ha stabilito che mi aiuterà ad arrivare in cima, e si carica gli sci per me. In quel momento non ho le forze per ribellarmi, mi serviranno tutte per arrivare lassù, e se ci sono giunta è stato in gran parte per lui.

Ma la montagna è ancora contraria a farmi godere l’ultima sciata.

I miei sci vengono equamente spartiti tra Lorenzo e Stefano E., e dopo i ringraziamenti del caso, non ho dubbi che entrambi arriveranno a toccare con essi il cielo. Ma ben presto mi dovrò ricredere: il primo sci sale costante; il secondo, dopo il rifiuto della montagna a Serena, attende ancora di partire, anzi, scende.
Ma non è questo che mi angoscia mentre salgo.

Il movimento dei miei occhi è ritmico, una volta al piede ramponato, un altro alle mie spalle in fondo al canale. Eccola che sale, parallela alla curva di livello, dietro-front, altra curva di livello, dietro-front... e così fino a che la neve ha deciso di essere tenera con lei.
Poi il grande rifiuto e la scivolata, lei giù ed io 150 metri più su, paralizzata dal dispiacere e dalla pendenza del canale.
Di certo è che posso solo salire.

E quindi di nuovo un passo dopo l’altro, una riflessione sull’altra, concentrata conto fino a 50, la nausea che sale, il mio corpo pure.
La cresta è un miraggio e una realtà, la tentazione di fermarmi alla sella è troppo forte. Tuttavia, il pensiero che qualcuno ha portato per me il peso della mia fatica, mi spinge ad andare a ringraziarlo, e di nuovo il pendolo tra stanchezza e tenacia mi offrono lo stimolo per arrivare ad abbracciare la vetta e l’amico.

E si avvicina il secondo contrario: la speranza di vedere all’orizzonte uno sci che cammina da solo svanisce, concretizzandosi contemporaneamente la certezza che dovrò affrontare la discesa a piedi, e soprattutto il Crivellaro, oggi più ripido che mai e a tratti scoperto.

Per fortuna non sono sola.
Elsebeth mi accompagna in una delle discese più impegnative che abbia mai fatto in questi ultimi anni: la prima impronta sulla neve mi fa scivolare, l’altra già con lo zoccolo sotto il rampone non tiene la neve ed il peso. Elsebeth parte per la sua prima di quattro scivolate, interrotte con la maestria di altrettante frenate da manuale.


Sono disperata, mi viene da piangere.

Guardo giù, pendio e salti, e non so come fare. Una discesa che con gli sci avrei affrontato con il più ampio dei sorrisi, adesso mi fa tremare, ma non posso rimanere lassù e non ho nessuno che mi tira giù.

Alla fine prendo la decisione, quella che mi stancherà di più, ma che mi farà scendere più tranquilla: fronte alla cima, sguardo alla neve, rampone, rampone, piccozza, rampone, rampone, piccozza, senza voltarsi indietro, se non per guardare il percorso, senza pensare ad altro che a mettere il piede giusto.

E così sarò la prima donna, credo, in tutto l’Abruzzo, a scendere al contrario la montagna. Il suo secondo contrario.

E altrettanto secondo provvidenziale Lorenzo mi verrà incontro sul Canale, porgendomi quello sci che cammina da solo, per regalarmi dieci fantastiche curve, lì dove la montagna si è girata su due contrari. Il mio regalo sono stati gli occhi da Cip e Ciop, un pò stanchi, ma scintillanti.
Gli altri: B., P., P., G., M., J., M., S., P., G., S., S.E., tutti attenti a quelle due figure che scendono ritmicamente il pendio, esprimendo tacitamente quella solidarietà che oggi mi ha accompagnato nella discesa e di cui mai lontanamente ho messo in dubbio lo spirito comune e la partecipazione. E un grazie per non aver commentato la discesa, che sicuramente è stata splendida, così come ottima è stata la cena, per la prima volta approvata e affrontata senza frenesia da tutti i partecipanti di una giornata particolare.
Atteggiamento, direi, quasi contrario alla norma!
la vostra mai contrariata Derspina, perchè Anna non ha contrario.

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