“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Eclisse


Il secondo ramo - calpestando la terra
Racconti montanari




Eclisse

3 e 4 Aprile 2007   Gruppo del PNA- Vagando sul monte Genzana               Gita con e senza gli sci


Eclisse: il suo significato greco è cessare. Cessare di splendere di luce propria o altrui.

Offuscata, come la mente in certi momenti di stanchezza;
esaurita, come l’energia del corpo che si ribella alla maggiore fatica;
interrotta, come l’avanzare verso la montagna con il più che pesante fardello al quale il fisico esausto ha posto la parola fine, ribellandosi per l’incongruenza;
terminata, come la neve che non imbianca più il paesaggio; 
desistita, come la tua volontà venuta meno al solo sguardo verso il percorso brullo, leopardato di bianco;
abbandonato, come l’amico Gabriele che al contrario di te ha più energie e vane speranze di trovare un percorso innevato per i suoi sci;
sospeso, come il conto aperto per quell’unica via di salita sconosciuta che non verrà ultimata oggi, ma che caparbiamente rimarrà nel tuo cervello fino alla sua scoperta;
tralasciata, come la dovizia di particolari di una salita sofferente e di una altrettanto discesa “vertiginosa”;
conclusa, come credevi fosse la tua giornata dopo 600 metri di faticoso dislivello con gli sci sulle spalle e altrettanta discesa a valle, non sapendo che avevi appena iniziato la tua fatica;
ed infine chiusa, come la Valle Marsolina da cui puoi uscirne solo se, arrivata sulla sterrata, vai a destra o a sinistra.

La storia di una giornata in traversata, per la quale ho rinunciato ad un’altra grande uscita, nella speranza di far provare al mio corpo quelle belle sensazioni che la neve, la compagnia, il percorso, i panorami, i pensieri, l’ambiente solitamente mi regalano, oggi è troppo lunga da raccontare.
E’ stracolma di sofferenza fisica, perchè dalla mia pelle fuoriesce la stanchezza di una settimana di cambiamenti esterni al corpo ma tenacemente legati alla mente, unita indissolubilmente alla delusione di un panorama privo di immacolata motivazione, se non quella di tenere compagnia all’amico ritrovato dopo anni, ma che non è sufficiente a guarire il mio stomaco, le mie gambe, i miei muscoli, le mie vertigini, il mio affannoso respiro.

Mi separo da lui rammaricata; più in basso volgo lo sguardo indietro ed il cielo è come il mio animo: tenebroso, plumbleo, freddo, vertiginoso. Non cedo all’ansia della telefonata a Gabriele, che ho lasciato con la copia di una vecchia cartina in mano, la bussola e tanta voglia di sciare, laddove neve non ce n’è.

Anche se stravolta, una certezza ce l’ho: l’ora è ancora giusta per risalire l’altra Valle con Stefano e Patricia, e tutto sembrerebbe favorire la mia salita al rifugio, per concederci la visione di una eclisse strepitosa in mezzo alle montagne, circondata da quei paesaggi ormai familiari che solo l’ambiente montano e abbruzzese può regalare.

Ma la speranza inconscia è un’altra, che Stefano mi dica che farei troppo tardi per salire insieme. E allora avrei motivo di lasciar perdere, di riposarmi, di ritrovarli domani, quando caleranno tutti a valle.
Ed invece colui che è amico e conosce il suo pollo, mi prende per la gola: con la voce più entusiasta che ha mi dice semplicemente: “vieni, c’è sul tavolo una birra che ti aspetta”.

Con il mondo crollato sulle spalle - circa sette chili di fardello portati già su -, impiego una vita e tutta la concentrazione rimasta per scendere quell’infernale e sconnessa sterrata, per risalire a Rocca Pia, salutare gli amici, gustare la birra, lasciare  “solo” gli sci e prepararmi alla seconda risalita.

Eclisse: se il suo significato greco è cessare, il suo contrario è
ricominciare, a salire con quelle due leggere pantofole ai piedi che prendono le sembianze di scarponi da scialpinismo;
avviarsi lungo il sentiero senza pensare a nulla, con l’unica tenacia di arrivare al rifugio;
sopravvivere all’ennesima fatica che viene richiesta al tuo corpo, alla spinta dei tuoi muscoli uguale e maledettamente contraria;
continuare il dislivello e il percorso iniziato al mattino, nella speranza di ritrovare l’amico abbandonato e per il quale serve
aprire il telefono per dargli la certezza che il rifugio è quello giusto e che lo rincontreremo;
avviare una conversazione, soprattutto con Patricia; per lei le tue parole sono sempre state motivo di distrazione e conoscenza, esortazione e divertimento;
proseguire ostinatamente lungo la linea di Benni, ossia di massima pendenza, anche quando nella scissione e ai tuoi richiami, Stefano sembra essere dall’altra parte della montagna o non risponde più, perchè sei convinta come sempre che, anche se lontani, il ricongiungimento avverrà, e stasera sarà sulla sterrata, alla luce delle frontali, contemplando al buio la base della parete abissale;
far riaprire la frontale a Gabriele, per illuminare la sua presenza ed il rifugio, in quel mondo tenebroso, dove non credi più possa la Luna risplendere dei raggi solari.

E nel gioco delle parole, sinonimi e contrari, eccola, Lei, grande, unica, emergere timida dalle nebbie fluttuanti, pallida, riservata, ma che con la sola forza della sua brillantezza può generare speranza e segnare il cammino al numeroso gruppo che sta seguendo le nostre tracce ormai disfatte, nel cuore della notte e della montagna, componenti preoccupati di un vento che cala, di una nebbia che si dirada, non godendo ancora di uno scintillìo che riverbera il candido, i rilievi, gli alberi, le ombre, le dorsali imbiancate della Maiella, del Porrara, del Monte Rotella e di tutta la cresta della Genzana, dei lontani contorni del Gran Sasso.

Eclisse: 360 gradi di cielo stellato da far calamitare gli occhi e lo sguardo, miriadi di stelle e scintille che catturano e trattengono virtualmente il tuo corpo. E finalmente la Terra copre il suo chiarore, rendendola rossa. Rossa come il chiarore del primo mattino, all’alba, un attimo prima di diventare arancio, o come la forza necessaria per affrontare da quel momento in poi l’ultima fatica, la più bella, verso la cima.

Eclisse, una parola che da sola racchiude la luce ed il suo esatto contrario, così come il Sole contemporaneamente tramonta da un lato della Terra e sorge dall’altro, oscurandosi ed illuminandosi, al pari della Luna  che appare, cresce, scompare, ritorna, scandendo il divenire della vita o il giungere della morte. E non c’è Luna senza Sole, così come non c’è Terra senza Sole, ed il Sole senza Terra non saprebbe chi scaldare.........

Insomma, Claudio, ho avuto una piccola eclisse di penna, ma poi si sa che con l’inchiostro giusto....

..Derspina riappare!

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