5° giorno. Dal Rifugio Nuvolau al Rifugio Venezia
Dislivello in salita m.260, in discesa m 910 circa tempo 4-5 ore. Difficoltà EE ed EEA nel primo tratto sino al Passo Giau. Si prende il s. 438 e il 443 per scendere al Passo Giau, di qui sent. 436 sino alla Forcella di Ambrizzola e alla Casera Prendera dove si imbocca il s.458 e lo si segue sino alla Forcella Col de Roan e infine al Rifugio Città di Fiume.
Dislivello: ci dicono in salita 260 m, ma io non ci credo!
Lunghezza: solo fino al Rif. Città di Fiume: 11 Kilometri, fino al Rif. Venezia non so, forse 7-8, ma comunque troppi!
TRONI E GIOIELLI
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Ore 3,30 dal Rifugio città di Fiume.”
Così recita il sacro testo, ma non è andata proprio così.
M. esce con il blocchetto in mano e la penna, pronta a raccogliere i miei desideri per la cena: spalanca gli occhi sul calzino appena levato dal piede e rabbrividisce di sdegno. Le mie piaghe sono talmente rosse e color sangue che ha già in mano la scatola dei medicinali, ha già avvertito Barbara e allertato l’ospedale per avere consigli su come trattare le mie ferite.
Sorrido di tanto daffare, ho appena soccorso le piaghe dell’animo, in questa risalita al rifugio Venezia: da lontano sembra Paolo, ma è impossibile, lui è lassù e non può intervenire, ed invece una figura spiccatamente bolzanina mi esorterà sulla mia bravura, e mi garantirà la forza di continuare su quei pochi lunghi metri che mi dividono dalla fine dell’agonia. E con le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra stringo i denti e proseguo.
Il vero patrimonio dell’umanità lo incontro qui, al rifugio Venezia, nell’entusiasmo di M. a volerci rendere il soggiorno una vera vacanza piena di attenzioni; le porzioni di cibo di Barbara sono come il suo affetto e le sue parole: tante, troppe e troppo consapevoli della forza che ci vuole per gestire da sola in questi giorni un Rifugio di tale importanza strategica.
Sotto il Pelmo, sotto questa complessa e gigantesca cima a forma di trono per il riposo del Padreterno, anche Sandra farà di tutto per coccolarci sebbene la sua esperienza di collaborazione sia ancora acerba.
Sotto il Pelmo, sotto questa complessa e gigantesca cima a forma di trono per il riposo del Padreterno, anche Sandra farà di tutto per coccolarci sebbene la sua esperienza di collaborazione sia ancora acerba.
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Il sole del mattino splende sul Nuvolau: lassù è iniziata la nostra lunga giornata, quasi me la sono dimenticata per l’esteso cammino affrontato; la discesa a Passo Giau in quella ferraglia mescolata alla roccia, terreno malagevole che mette alla prova la delicatezza del cervello.
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La decisione è presa, una volta tanto arriveremo al rifugio presto, a goderci la restante giornata nella calma del ricovero, nelle chiacchiere degli ospiti, nella saturazione dei nostri sguardi verso quell’impietrito trono.
Ma come al solito non abbiamo fatto i conti con la realtà: il rifugio Città di Fiume è pieno, neanche un capello entrerebbe più; l’indisponibilità del gestore ci delude anche sul rifocillarsi, non c’è cortesia neanche per avere un pezzo di pane, e sono avvilita.
L’alternativa è intraprendere 500 metri di aspra salita sotto il sole delle tre pomeridiane, o gettarsi nel giro megagalattico in pianura dell’anello zoldano; neanche a pensare la rinuncia a Passo Staulanza.
La recente esperienza del rifugio Lagazuoi obbliga la scelta; si affrontano così chilometri infiniti di caldo e tenacia, piaghe e lacrime; zaino in spalla e tanta, troppa buona volontà.
Il periplo del Pelmo, le sue forcelle al Pelmetto, i baranci sterminati a portata di piede, sali e scendi sui colli, i compagni che si allontanano nella tenue oscurità che già contrasta i rilievi.
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Quando levo il calzino non sono stupita: le fitte che sentivo nei passi già preannunciavano la tortura della pelle, e guardando M. mi rassegno al riposo forzato del giorno successivo.
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6° giorno. Rifugio Venezia, salita alla cima del Pelmo per i miei compagni
E’ ora di alzare la testa sullo spigolo a sinistra, mi sono trattenuta per troppo tempo, e l’ora dovrebbe essere quella giusta.
La giornata è stata delle migliori, neanche una nuvola all’orizzonte dopo aver augurato alle prime luci del giorno in bocca al lupo a Gino e Fernando.
Ma adesso vorrei scorgere un segnale di presenza, la certezza dell’avvenuta cima, di un gustarsi la meritata birra e i nostri sorrisi.
La mia tenacia è stata premiata, un riflesso del sole illumina per un attimo il colore aranciato di una presenza sulla parete, ed ho la certezza che sono loro, confermata poco dopo da Oreste, che silenzioso e schivo non ha proferito parola sino a quel momento. La sua tristezza per il lutto materno è tutta concentrata in quelle poche parole di sollievo per me.
La sua ripartenza renderà angosciata anche Barbara, che vorrebbe partecipare da vicino a questo suo dolore, ma non può, al rifugio passa ancora gente, e sono troppi i lavori da affrontare ora che sono arrivati i rifornimenti. Mi confida il difficile travaglio vissuto dal compagno di vita, dalla perdita degli amici di cordata, non ultimo Giuliano De Marchi, ai suoi incidenti di salute, fino a quest’ultimo lutto.
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Il mio tentativo di sollevare il suo dolore è come il calore del fuoco che fa riflettere le sue lacrime fissando le mille scintille che si alzano al cielo.
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La sera i racconti di Gordon, davanti al bicchiere di vino e alle prelibatezze di Barbara, la gioia della cima, la mia tacita preoccupazione per i piedi ed il lungo cammino verso il Coldai, e, chissà!, verso il Tissi?
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A rivederci, Trono….
Il video di una bella giornata di un amico (Clark) sul Pelmo:
Ascesa al Monte Pelmo (3168 m) per la via normale che percorre la cengia di Ball
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