“Svegliarsi ogni mattina in un punto diverso del vasto deserto. Uscire dalla tenda e trovarsi davanti allo splendore di un nuovo mattino: tendere le braccia, stirarsi nell'aria fredda e pura; riempirsi di luce e di spazio; conoscere, al risveglio, la straordinaria ebbrezza di respirare solamente, di vivere solamente... “
Pierre Loti
L’AVVENTURA DEL SOLE
CROME
L’aria è fredda e i contorni dell’ambiente sono già definiti quando sollevo la tenda del campo beduino. L’oscurità potente che ha circondato le rocce si è dissolta, lasciando il posto ad un timido chiarore sfumato, immerso ancora nelle scure ombre quel tanto che permette ai miei piedi di allontanarsi dal calore del giaciglio per sprofondare nel mare di sabbia.
Vagare nel silenzioso spazio indefinito subito dopo le tenebre mi ha regalato la volontà di alzarmi ogni mattina a cercare l’inizio di una giornata stupefacente alla scoperta di queste distese desertiche, interrotte casualmente da imponenti pareti compatte, o da fratturate composizioni arenariche, investite di tonalità esplodenti tutto il rosso dell’anima.
Il mio sguardo non si stacca dal terreno, cerca ed interpreta i segni viventi scritti da altri corpi: una corposa curvilinea continua circondata da punti alternati mi fa rabbrividire per la sua viscidezza; un’ impronta tripede saltella costante fino a dipingere una sosta nel terreno, smosso e scavato quanto basta a dissolversi nel nulla; gigantesche orme avvallate mi rassicurano sulla identità animale che sprigionano. Dove vanno non si sa, ma perdersi è loro prerogativa, così come trascinare uomini nel mutabile mondo del deserto è l’unica certezza per la sua sopravvivenza, inseguire l’ignoto disperdendosi nel noto, cadenzare il suo passo con quello della vita è la sua salvezza quotidiana.
Sono comunque attratta dal punto più alto di una conformazione rocciosa caduta dal cielo al centro del deserto, così bucata che cerco di individuarne le minori asperità di salita per contemplare l’intorno dall’alto.
Ma ecco che all’improvviso il gioco del vento mi spara davanti la sua creazione: ondulate linee curve di sabbia, parallele, che si inseguono nell’ombra dei contrasti, alla luce della nitidezza, all’incoscienza della forma, alla geometria disattesa, alla perfezione del disordine. Come volto lo sguardo i tenui accumuli mi inseguono, si nascondono, emergono, si scrivono e li leggo, stupendomi della loro poesia e concretezza, della loro inafferrabilità e consistenza, della loro sinuosità e piattezza, della loro indefinita completezza.
Ma la calamita dello spettacolo colorato mi esorta a non indugiare, si formeranno altre onde in questo tormentato mare di sabbia, che permetteranno alla loro ineluttabile sostanza di stupire ancora troppe volte il nostro ancorato e razionale cervello.
Mi siedo e aspetto, guardo, esploro... e aspetto, immagino, vago, scruto... e aspetto.
Inghiotto i primi rilucenti bagliori, spazio lo sguardo, volto la testa, sprofondo nell’immensità del lontano, oltre l’ignoto, individuo forme, mi perdo nell’infinito, lo riacchiappo... aspetto.
Colore = impressione che fa la luce riflessa sugli occhi, ciò che ricopre l’essenza di una cosa, di un corpo;
cromaticità = che riguarda il colore; cromo, che concerne il suono; croma, la sua nota.
Cerco la percezione cromatica del culmine musicale... aspetto... che cosa?, qualcosa che nasca dal cuore, quel sentimento emozionale che rende immenso ciò che è già grande, incommensurabile il dedalo senza confini, immortale quel movimentato cambiamento della sostanza al trasformarsi in un’altra essenza, a modificare il colore in suono, la luce in musica.
...Contemplo,...compongo,.....piango..
“Il silenzio della luce che cresce, quel moltiplicarsi di colori che galleggia nell’aria, colora gli spruzzi del cielo e contrasta le pareti martoriate dalle fessure, dai buchi, dagli anfratti.
Ammassi di roccia in attesa dell’ultimo crollo, appoggiati come piume uno sopra all’altro, piegati dal peso della terra e dei secoli attendono con pazienza la disseminazione nell’intorno.
Bitorzoli, spaccature, crepe, separazioni.
Tutto si infiamma nella nascente luce del giorno; spazio lo sguardo in questa immensità di colori sfumati, decisi, chiazzati, distesi, infiniti. Mi sento padrona del loro essere leggeri, polvere, granello, consistente, roccia, collina, jebel.
Il giallo si deposita lentamente su quelle spaccature verticali, con crescente determinazione; ed eccolo che spunta, il sole, la sua sfera magica che rende visibile e indimenticabile l’infinito, lo spazio, il vuoto.
L’enorme distesa si trasforma nitida e chiara al levarsi della luce, aumenta i contrasti delle onde di sabbia sinuosamente galleggianti in questo oceano di granelli.
Il giallo diventa rosso, il rosso aranciato, la terra ocre si mescola all’orizzonte.
Il cielo si capovolge ed il giallo dell’infinito è diventato sabbia.”.
Il silenzioso intorno si è tramutato in musica alle mie orecchie, e al ritmo delle sue note inizia un’altra splendida giornata,
l’alba di Derspina
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