“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

nera Dancalia bianca: la strada

La strada



Album di foto accumulate sul tavolo, il libro nero dei viaggi davanti, la tastiera, il mouse.

Ci risiamo: non ho saputo resistere alla tentazione di spaziare in questo mondo, in modo virtuale, in senso fisico, in volo intellettuale.

Più mi agito e più scopro, più rifletto e più arrivo alla conclusione che le parole, le sensazioni, la realtà sfuggono, passano, non si arrestano.

“..In Etiopia viaggiare in auto è una specie di compromesso continuo: tutti sanno che la strada è stretta, malandata, ingombra di gente e di veicoli, d’altra parte devono entrarci. E non solo entrarci ma muovercisi, spostarsi, raggiungere le proprie destinazioni. Non c’è autista, guardiano di mandrie o viandante che ad ogni istante non trovi davanti un ostacolo, un rompicapo, un problema da risolvere: come passare senza urtare la macchina che viene in senso inverso? Come far avanzare mucche, pecore e cammelli senza schiacciare storpi e bambini? Come attraversare la strada senza finire sotto un camion, senza infilzarsi sulle corna di un toro, senza rovesciare quella donna con un peso di venti chili sulla testa? E così via. Eppure qui nessuno inveisce contro nessuno, nessuno si spazientisce, nessuno impreca, maledice, minaccia. Con pazienza, in silenzio, tutti compiono il loro slalom, le loro piroette, e i loro dribbling; manovrano, girano spingono e soprattutto avanzano. Se si crea un ingorgo, tutti si industriano a scioglierlo con calma e collaborazione; se c’è calca, millimetro per millimetro risolvono piano piano la situazione.” (Kapuscinski R. – Ebano)



Secondo ritorno in Etiopia, terra affamata, terra assetata, campi fertili, luoghi alberati, gole profonde, altopiani gradinati, spianate desertiche, ciottoli e dune sabbiose, sentieri vulcanici, acque salate, tramonti smorzati, albe silenziose, aria soffocante, polvere insidiosa, religiosità esultante, invasione straniera, fierezza difesa…….
E chissà quanto altro ha accantonato la mia mente.

Il titolo, perché ci vuole un titolo quando si segue un filo conduttore di ciò che ha impressionato il nostro sguardo, ciò che la mente ha disordinatamente archiviato nel recondito del cervello, ciò che farà accendere una lampadina dove l’elettricità non esiste, o dove è assolutamente inutile perché gli occhi vedono anche nelle tenebre più profonde.

Qualcuno la paragona ad un infernale girone dantesco, altri la chiamano Terra del Diavolo, ma si sa che l’Africa non è occidentale, è anni luce dal nostro vivere civile, è un altro Continente, con i suoi usi, i suoi costumi, le sue tradizioni e contraddizioni, ha il suo vivere civile dettato dalle necessità e dalla sopravvivenza.
Proprio come il nostro mondo occidentale. Solo che noi non dobbiamo fare i conti con la siccità dei deserti, con l’alternanza delle piogge, con l’inospitalità dell’ambiente, la crudeltà dei fenomeni atmosferici e geologici, con le guerre di confine per uno stralcio di terra, con il nomadismo dettato dall’acqua e dalla fame, con la mancanza di mezzi, ma non di motivazioni.

E la strada raccoglie tutto questo: la nostra diversità, la nostra curiosità mescolate al loro sistema di vita, appiedato, necessario, abitudinario, fiero.

Ma che introduzione al viaggio è?
E quale viaggio?

Terra d’Africa martoriata dal sole e dalla polvere; Terra nera di calore e di colore, Terra infame di fatica e di lavoro…..semplicemente


 Scintìllii d'Africa nella nera Dancalia bianca

Dormienti - Mimmo Paladino

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