“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Turchia: la Danza della Luna

TURCHIA Barca - Trek


LA DANZA DELLA LUNA
NELLA CULLA DEL MEDITERRANEO, SOTTO LE STELLE



Girovagando su e giù
   
Il quarto di luna scende lentamente, mentre le stelle che circondano il cielo la tengono tenacemente ancorata al colore indefinito della notte.

Il torpore del cervello segue i minuti del tempo; una leggera brezza, svegliandomi, mi ricorda che sono a migliaia di chilometri sospesi sull’acqua, sotto le stelle.

Voli, nuvole, laghetti: tutto ci ha portato qui, dove il colore dell’acqua si mescola all’azzurro del cielo, dove la terra rossa incastra le radici dei selvatici pini poco sopra il mare, dove le onde cullano con il loro dondolìo la nostra voglia di esserci.

L’incoscienza notturna si allontana, mentre la luce del giorno manifesta la sua tenue realtà. Il cicalìo della pineta racconta in coro della giornata che nasce e le pacate onde del mare rispondono silenziose e spumeggianti al chiarore del sole.

La schiuma rincorre le mille bollicine, ed il mare increspato se ne va mentre noi andiamo a scoprire queste calde terre, ricche di profumi ed essenze penetranti, di caldo e di roccia.

Rovine avvolte dall’odore ovino, terra rossa mescolata ai sassi, la nostra convinzione a proseguire su un terreno inconsistente ed inesistente, sopra gli strapiombi a picco sul mare; la rabbia e la tenacia di V. ci accompagnano lungo queste inerpicate e sconosciute tracce, ricche solo della loro solitudine e selvaggia libertà. La voce del Capitano rimbomba nella valle, così come lo scandire dell’amichevole minaccia di V. a tornare sui suoi passi, il superbo panorama di un mare turchese e blu, forte della nostra resistenza, ci accompagna lontano al nostro avvicinarci.
Tutto questo ci regala il nostro andare a scoprire queste terre di storie sommerse eppur limpide nella trasparenza dell’acqua, cristalline all’occhio della nostra lontananza, ormai sfogate della rabbia di uno scampato smarrimento e di una ritrovata barca, sole, mare, risate.

Si accendono i motori nella notte, mentre l’ombra della luna nasconde l’oscurità.

Figure che vagano solerti a tirar su il freno ogni giorno, lasciando che la barca prenda la scia dell’ignoto. Il lento rullio del legno sull’onda scandisce l’avanzare dei nodi e dei disturbi; il volare degli oggetti segna l’irrequietezza dell’andare in su e in giù di questo mare senza limiti.

Occhi fissi sul vagabondare delle onde, seguendo il movimento della lunga scia che si trascina a riva ad infrangersi sugli scogli o a rincorrersi perdendosi nello spazio aperto. L’inchino della barca al mare, l’omaggio schiumoso di tanti paggi, mentre lontano sovrastano le montagne con la loro cima incappucciata.

Il sentiero mattutino nel bosco di conifere, con i suoi cadetti inchinati al volere di questo mare a contorno, colori smeraldi e turchesi, verde cristallino immerso nel verde più intenso; radici aeree che si portano a cercare vita nelle gocce salmastre con la speranza di sopravvivere alla sua troppa ricchezza salina.
Colorati uccelli umani aprono le danze in cielo, calandosi in volo dalla superba rupe fino al mare turchino di Oludeniz; istanti precedenti a calpestare ormai inesistenti mosaici di una città morta due volte e rinata altrove, Levissi, divisa, separata dalle sue genti, distrutta dalla ricerca di identità di popolo e dalle forze della natura, fantasma di mura oggi conservate solo da belanti guardiani.

Dall’Isola di Gemiler, silente giunge la benedizione di S. Nicola, le cui spoglie sembrano essere tornate lì, dove Giacomo, solerte e anziano nonno italiano, racconta la storia bizantina e di Roma, tra le rovine storiche di meditabonde pietre.
Calpestiamo abbandonati e arroccati corridoi rocciosi: 7 basiliche giacciono ormai prive di pellegrini, ma cariche di rovinosa spiritualità, avvolte da un crescente tramonto che pone fine ad una chiara giornata.

Le note musicali originano scatenate danze; e tra il dolce rollìo dell’acqua tormentata e della disco music ci si avvia nuovamente all’incontro con la luna.  

La danza della Luna


Ma non si può lasciare la luna così piena, appesa, luccicante nel riflesso della notte, bianca da illuminare il grigio intorno; il mare turchese riflette il suo chiarore e l’onda tremolante la trascina in superficie.

La musica si diffonde intorno alla nostra solitudine, l’ombra nera è lì, che invita a perderti nei suoi abissi, e nella sua placidezza e tranquillità.

Mi tuffo.
Sembra che solo un velo d’acqua circonda il mio corpo, la tiepida carezza scivola via senza lasciare traccia di sé, se non la morbidezza del lieve scorrere lontano. Seguo lo scintillio superficiale, la linea indefinita di una curva che si perde nell’oscurità della notte e nella luce pallida della luna, aprendosi il passaggio a cercare luoghi più tranquilli dove andare a morire.

Mi sveglio dolcemente al chiarore della luna, questa palla che attira i miei occhi e non li stacca dal suo biancore. La contemplo per ore, cercando di non perdere neanche un minuto di questo spettacolo di attrazione, quel gioco di luci ed ombre, increspamenti e dondolii, che catturano la mente imbrigliandola nella loro bellezza. Alle mie spalle, le prime luci dell’alba attirano il mio sguardo verso le montagne, distraendomi dal cerchio di fuoco. Non faccio in tempo a girarmi, dopo aver voltato lo sguardo al sole nascente, che la luna rossa non c’è più.

Quanti tramonti di lune piene hai visto, Capitano?
Quante albe ti hanno tenuto sveglio a seguire la scia delle stelle, il luccichìo dei riflessi, la schiuma che si perde?

Il blu della notte si confonde e si mescola al colore del mare, la luce piena della luna illumina la superficie, donandole scintillio e preziosismo, mentre i primi chiarori del sole evidenziano le lunghe creste montane e i primi raggi si immergono nel mare, lasciando su di esso una lunga scia luminosa.

Nel loro immaginario disordine, mille increspature rincorrono l’aria, si sollevano fiere del loro essere molecole, le une legate alle altre, danzando ciascuna la propria libertà, elevandosi quel tanto che basta a disegnare i versi di questo immenso spazio aperto.  


Storia sommersa

KEKOVA                                                     dal Web

Non un moto di schiumeggiante bianco s’innalza all’orizzonte, solo un lento movimento di un mare che si ingrossa, di un dondolìo di onda che invita la barca a piegare il fianco e subito dopo a seguirlo ondeggiando.
Terra di Licia, romana e bizantina, perla del Mediterraneo: culla di cultura e arte, antica e moderna, ricca di storia assai lontana ma a noi molto vicina.
Oggi il mare è rinforzato, ancora non spumeggia, lasciando trasparire al nostro passaggio i resti di una città morta, l’antica Simena, sommersa secoli fa, ma tutt’oggi vivente nella cittadina di Kalekoy .

L’elevarsi del pennone accompagna il movimento, la prua appuntita taglia la superficie marina sprizzando vivacità, lasciando indietro una lunga scia bianca di calma apparente.

Lasciamo che i nostri sguardi verso queste terre facciano tesoro delle loro bellezze, allo scorrere della loro antichità, ai gesti della quotidianità, all’espressione della nostra vita e delle nostre speranze.


by Derspina

Clicca sulle foto di  La Danza della Luna     Buona visione!





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