“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Vertigini e Verticalità

VERTIGINI E VERTICALITA’




 Corrono sulla linea spartiacque, si elevano da un lato all’altro incontrandosi in cielo, si abbracciano e ricadono.




Fuggono strette le anime del vento. 
Nel loro viaggio verso l’ignoto scoprono e ricoprono monti, alberi, piante, uomini, roccia, fiori, foglie e resistenza. Ma vincono sempre loro, in questa corsa con le nubi, a sollevare strati e coscienze, a ricamare occhi dove lo sguardo è più acuto.

Scintille di luce ce le regala il mondo antropico, anche loro dialogano con il vento nella speranza di riaccendere la via. Incroci di sottili fili d’acciaio che custodiscono ricchezza illuminante.



Seduti a cavallo della nostra razionalità, i pensieri di Giorgio si mescolano ai miei, il baratro circostante raccoglie la loro forma e la rimbalza da uno strapiombo all’altro di questa, seppur a tratti, affilata cresta.



Il Monte Porrara è l’anticamera delle illusioni; lo sguardo spazia dai lontani Monti Pizzi, ai Monti marsicani, alla Valle Peligna, scontrandosi con quanto di più selvaggio offre la natura di questi luoghi: i profondi intagli dell’immensa Maiella.






Il suo rilievo montano è combattuto tra le pianure dei “quarti”, che si allagano a sua difesa nelle stagioni più difficili, e le incisive gole che trapassano la Montagna Madre, lasciando al passo umano e animale la costanza e l’abilità di attraversare la sua struttura.


Ed il vento la fa da padrone a modellargli i fianchi: il nostro sguardo inghiottito dalla profondità rocciosa, a picco sul vuoto del suo fondo, ascolta il sibilo delle mille parole che si rincorrono tra le rocce, lettere che giocano ad unirsi e sciogliersi costruendo sicurezze fino a trascinare via con la leggerezza di una foglia le nostre paure.




Un raggio di sole cerca la fuga dal cielo trapassando la coltre bianca: corre veloce l’alito trasparente, accompagnandolo sulla piana, fino a perdersi comunque in quel manto candido.




Volgo lo sguardo indietro e scopro gli alberi imbiancati dalla severità dell’aria: fredde particelle gelate hanno scelto la loro dimora lassù, sulle foglie cangianti di colore, che attendono di muoversi verso l’ultimo viaggio terreno.















Immersi al limite della visione terrena, con un tiro di braccio siamo nel vapore abbacinante, che si solleva, che avvolge, che vola via, reso fatuo dalla leggerezza del nulla che si muove sul suo percorso.








Continuano le nostre parole ad aleggiare su questo confine; l’intera esistenza sconosciuta che vuole partecipare all’elevazione della cima, alla lunghezza della via, all’attrazione dei suoi spazi vuoti fino a colmare di esperienza, gioia, placidità l’intensità del momento.






Il passo è deciso e lo sguardo catturato, laggiù, dalle vertigini che attirano il corpo verso l’odiosa gravità, verso lo strato terreno dei nostri animi, ma la verticalità del nostro essere ci spinge su, ad inghiottire quel candore di cui siamo circondati e che racchiude il nostro intimo.







I contrasti rendono ricco questo già prezioso trovarsi: aghi ghiacciati si abbracciano agli steli di un’erba che aspetta di dormire sotto il manto dell’inverno, lì, fermando la musica del gelido vento per il gran ballo di fine stagione. Il plumbeo dell’aria si sposa con il suo acceso biancore, contrastati colori che rendono vana la realtà dell’intorno, assicurando poesia e beltà al nostro andare.




L’esplosione dei colori del bosco si espande davanti a noi circondando il paese nel quadro d’autunno, e la certezza per noi del buon fine della nostra aerea avventura: il lungo percorso a ritroso sarà garantito da un ‘pezzo’ d’epoca, memoria attuale della mia infanzia, di questa terra, nelle migliori tradizioni di antichi mestieri. 


 Il richiamo della campanella ci avverte del suo arrivo, un unico vagone carico di ricordi, e, da oggi, di un altro pezzo di vita in più.


by Derspina

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