“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

La Voce del Vento


Il secondo ramo - calpestando la terra
Racconti montanari


LA VOCE DEL VENTO


18Novembre 2006 - Cima del M. Terratta da Villalago; discesa per il Vallone del Carapale                                                                                                                                             Gita Escursionistica


Un  nido di uccello, intrecciato nelle sue paglie, spicca sopra i rami di un bosco ormai spoglio del suo vestito.
Il tappeto di foglie che ricopre il sentiero si evidenzia sotto i nostri passi, lasciandoci intuire unicamente la direzione, ma non ciò che nasconde, per cui lo scarponcino solo a tratti calpesta il terreno solido, il più delle volte scivolando ci impegna la salita.

E la concentrazione oggi è distolta da altri pensieri, affollati e conclusivi di una settimana frenetica, stancante, troppo piena.
La telefonata di Flavia arriva puntuale e stuzzicante: Parco, colori, dislivello sono gli ingredienti della decisione, a me resta la scelta dell’itinerario dopo una breve interpretazione dei percorsi e delle sue volontà.

La cima della Terratta è il nostro obiettivo,  raggiungibile per il suo Vallone, dal lago di Scanno.

In silenzio si sceglie la discesa, ognuna di noi con il desiderio celato e coincidente di assaporare lo sconosciuto Vallone del Carapale, ma inseguite e limitate dall’incognita della lunghezza del percorso e dalle grazie del tempo.

Si parte con un pizzico di gelo che entra nelle ossa, l’aria è carica di umidità risalente dal Lago e depositata sulle superfici verdi, grigie, marroni, rosse, puntinate, variegate, gialle che ricoprono il percorso.

In un muto accordo ormai consolidato, segno il passo, scorrendo con gli occhi il fosso d’intorno. Il grigio della pietra risalta il verde intenso del muschio, le alte pareti in contrasto ci obbligano a seguire le ripide svolte nel bosco, verso l’azzurro del cielo, alla conquista dei lontani, caldi e luminosi raggi solari.
La baldanza di altri percorsi oggi è scemata, sostituita da mille fuggevoli pensieri che affollano la mente, rendendo intricata la loro liberazione.
Di scatto, e contemporaneamente, ci fermiamo in silenzio ad ascoltare il rumore del vento ed il fruscio delle foglie, simile ad una cascata d’acqua, leggero come la polvere, sinuoso come l’onda. Il suo sussurro rievoca altri piacevoli e montanari ricordi.

Il desiderio di affrontare in discesa lo sconosciuto vallone, mi stuzzica ad incidere il passo, ed in anticipo sul previsto siamo in prossimità della sorgente, dove puntuale arriva la telefonata di Stefano.
Questo piacevole diversivo, l’attenzione continua al percorso, la voglia di evanescenza dei pensieri fa sì che, scaldate dai raggi solari, usciamo dal bosco incontro al cielo. Ci abbraccia la brezza, fresca e frizzante;  ancora la roccia, i rami secolari, il ginepro, l’esile traccia di sentiero ci spingono nella pungente aria a superare i resti di uno stazzo, a svalicare per roccette il gelato fosso e a giungere nel terminale anfiteatro, culminante in cima con il lungo crinale.

E sigillando il muto ed involontario accordo, lascio il passo a Flavia, perdendomi nelle numerose elucubrazioni che affogano il mio cervello, permettendo al vivace vento di spazzare via le riflessioni più contorte, lasciando sedimentare le più limpide.

Non so dire se il risultato sia stato efficace, fatto è che la cresta ci regala un panorama d’incanto, il Gran Sasso illuminato, la Maiella innevata e libera da qualsivoglia nuvola, tutti i rilievi d’intorno segnati da una luce particolare, come se il vento, oltre a scacciare le sensazioni più ombrose avesse ripulito e reso vividi i contorni delle lunghe pendici, creando un risalto e un contrasto da saziare lo sguardo.

Un’occhiata tra noi e all’orologio, al lago sottostante, e siamo già giù, a percorrere la cresta verso lo sconosciuto Carapale: il ricordo piacevole dello scorso anno, di un lungo percorso, selvaggio e “dolomitico”, mi spinge a non tagliare il sentiero, ma a raggiungere e godere della splendida depressione che limita il valico.
Alti torrioni di roccia si ergono dalla terra rossa, verde, circondati e risaltanti nel cielo plumbeo; il silenzio del vento e della montagna ci lascia inghiottire queste tonnellate di roccia erosa, ghiaiosa, compatta, perennemente diversa allo sguardo, ma identica nella composizione.
Più massi spaccati di fresco mi inducono ad evocare lo sforzo dell’orso nel rigirarli, in realtà giacciono fulminati dalla più potente saetta che li ha colpiti, separandone in due il cuore; il tappeto di ginepro ci incanta per l’intensità dei suoi colori e le svolte del sentiero nel boscoso tratto ci allettano alle chiacchiere della nostra vita.
La piacevole sosta allo stazzo del Carapale, circondato dalla forte antropizzazione dell’ambiente invernale, rilassa la mente ed il corpo, concedendoci la pausa per rifocillarci e rallegrarci dello splendido percorso.

L’unico neo è il recupero macchina, distante quattro chilometri dall’arrivo, e coronato con un passaggio ed una frase che rimarrà a storico emblema di questa giornata:
” Siamo di Roma”;  -“Quello s’era capito”- “E’ vero, l’accento romano è un pò forte”-
“Oh, NO, non per quello, ma per il fatto che i nostri non vestono così in montagna!”

E la penna non può omettere ciò che è stato detto con le parole ed espanso con il suono, anche se rende perplesse, stupite, interdette e divertite le protagoniste.

Accompagnate da un tramonto spettacolare su tutta la catena montuosa della Maiella,  termina la giornata frizzante e selvaggia,  silenziosa e piena, colorata e affollata da fatui pensieri, a brindare con gli ospiti delle novità, catturando per voi le schioppettanti scintille del fuoco di un caloroso camino,

e schizzandole su carta con il pennino 
della vostra Derspina


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