“simile alla nuvola estiva che naviga libera nel cielo azzurro da un orizzonte all’altro, portata dal soffio dell’atmosfera, così il pellegrino si abbandona al soffio della vita più vasta, che lo conduce al di là dei più
lontani orizzonti, verso una meta che è già in lui, ma ancora celata alla sua vista.”
(Lama Anagarika Govinda, Le Chemin des nuages blancs)

Africa in bianco e Nero - La Via dell'Acqua

Burkina Faso - BENIN


L’AFRICA DEL BIANCO E DEL NERO

LA VIA DELL’ACQUA

Gocce volanti


Aeroporto: gente che va e viene, si ferma, fuma, è in fila aspettando pazientemente il proprio turno, un’unica grande sala, pochi negozi, peraltro semplicemente sbarrati. Si parlano lingue diverse, si ascolta differentemente, ci si saluta.

Al di là del vetro o del filo che tiene lontani gli avventori, al centro del Gate degli Arrivi piccole folle aspettano, con i loro cartelli rizzati: “Hotel …”, ”Meusieur ….”,  “Agency….”; individui che fino al momento dell’incontro con l’altro restano anonimi, ma che all’arrivo dei cari avviano scene di ritrovata gioia, in qualche caso anche simpaticamente starnazzante, che inevitabilmente fanno cedere alle lacrime.
Emozione di un trovarsi o ritrovarsi, condivisione senza parole di una felicità realizzata, fiume di allegria trasparente.

A fianco, poco distante, c’è l’entrata delle Partenze, spazio molto più piccolo, quasi angusto, come se la riservatezza dell’abbandono non richiedesse più che un fazzoletto di superficie. Quel pezzettino di stoffa che serve ad asciugare le lacrime del distacco, della lontananza, della temporanea perdita. Quello che si lascia è tutto lì, concentrato nelle fuoriuscenti gocce limpide sul viso, che rimarranno a rigare il volto il tempo necessario prima della loro completa e rapida evaporazione, alla temperatura di oltre 30°C.

Aeroporto di Tripoli, sala di attesa per i viaggiatori in transito: il fumo di sigaretta penetra nella pelle, arrossando gli occhi. I più sensibili cedono all’odore acre e a quel fumo oscurante, lacrimando nell’impossibilità di fuggire.
Storie di gatti si alternano a pezzi della nostra vita, risate squillanti fanno spuntare ben più cristalline gocce ai nostri occhi.

Ma non sono gioiose quelle sparse da un’intera famiglia anglosassone, madre, padre, bimbo e bimba, di fronte a noi, racchiusi in quello che sarà soprannominato ‘l’angolo degli emotivi’. Piangono a dirotto, stretti l’uno all’altro, disperati, senza il conforto di nessuno, se non del loro stesso calore e della loro enorme afflizione.
Si sa che noi Italiani siamo gli Uomini delle cause perse, i Paladini del mondo, e saremo i primi a sapere della loro condizione di transitati dannati: un’intera famiglia inglese, diretta in Sudafrica, che non può ritirare né cambiare soldi, perché hanno solo la carta di credito. E non possono uscire. Due giorni in aeroporto, senza potersi affacciare sul piazzale, senza dormire, senza mangiare.
Il tutto sotto lo sguardo inquisitore di un Gheddafi sbeffeggiante.

Ma dal transito si esce, in un modo o nell’altro, è solo questione di tempo africano, e come per gli inglesi, ci si può tornare anche abbastanza velocemente: già librati nell’aria, i motori rumorosi e poco rassicuranti del nostro aereo ci impongono un nuovo atterraggio.

E allora sono tutte nostre le lacrime di sconforto…….

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