Burkina Faso - BENIN
L’AFRICA DEL BIANCO E DEL NERO
LA VIA DELL’ACQUA
Inseguendo l'acqua
Il mio vecchio amico Sado Diarra, cosi esprimeva il pensiero dei Bambara riguardo ai Peul:
“I Peul sono un miscuglio sorprendente.
Fiume bianco nel paese dalla acque nere,
fiume nero nel paese dalle acque bianche,
sono un popolo enigmatico che degli avvenimenti capricciosi hanno condotto dal sol levante e sparso quasi dappertutto, dall’est all’ovest.”
(Amadou Hampaté Ba)
I Peul possono essere considerati il più grande gruppo nomadico del mondo.
Chiamati Fulani dagli Inglesi e Fellah dagli Arabi, abitano tutta la regione del Sahel, in 17 paesi, dal Senegal al Sudan. La loro popolazione globale è stimata intorno ai quindici milioni.
Attualmente comprendono un gran numero di diversi gruppi che sono stati conquistati e diventati una parte dei Peul durante la diffusione dell’Islam. (Enza Spinapolice; Dipartimento di Scienze Storiche e Archeologiche dell'Antichità- Università di Roma "La Sapienza")
Carretti e muli in lontananza si avviano lenti al giorno di mercato, colorati dei vestiti delle donne, adornati di secchi e stuoie, legna e paglie.
E’ giorno di mercato nella città di Gorom Gorom, ma i Peul sono in viaggio da una vita, quella che li rende vaganti e liberi per l’intero Sahel, alla rincorsa dell’acqua: “Dio ha creato un paese pieno d’acqua perché gli uomini possano viverci, un paese senz’acqua perché gli uomini abbiano sete, e un deserto: un paese con e senza acqua, perché gli uomini trovino la loro anima”- recita un proverbio Tuareg – e questo popolo ne ha fatto l’essenza della sua esistenza.
I loro ricoveri ad igloo, di stuoie, erbe e fili, ciascuno circondato della propria spinosa intimità, sono stabili appena sufficientemente a farli ripartire alle prime pioggie, all’inseguimento dei verdi pascoli nigeriani per il loro bestiame, ricchezza della loro vita, scopo intrinseco del loro girovagare.
Oggetti semplici compongono le fasi dei loro vagabondanti riti quotidiani: pestelli, mortai, tegami di diverse dimensioni, tutti a portata di mani forti e giovani, energiche e vibranti.
Colpi ritmici e decisi, suoni che si perdono nelle nebbie polverose della savana, vapori stagnanti e offuscati del rimestìo degli zoccoli bovini, mescolate al musicale trotto asinino, o al silenzioso passo felpato dei cammelli.
Splendori di perline colorate ed alluminio adornano il viso delle donne e delle adolescenti, per esaltare tutta l’innocenza del loro essere fanciulle, fiere delle loro preziosità, totalmente inconsapevoli dei segni marchiatori e devastanti impressi sul loro volto a riprova di un’iniziazione tanto incosciente quanto vincolante.
Un secolare Baobab esulta nell’aere piatto della savana diramando le sue sclerificate membra verso il cielo. Da qui si estraggono elementi vitali: spezie per il cibo e accessori per cucinare.
Alle sue scavate e vuote pendici ragazzini imitano la sua forza e imponenza compiendo movimenti aggraziati e tenaci, mentre il bestiame ormai dissetato disordinatamente lo cinge, indifferente della sua immobilità.
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