...” La montagna è una febbre che ti prende da giovane e ti resta dentro, anche se il mondo va cambiando intorno a te, anche se i muscoli un giorno dicono basta e la famiglia reclama i suoi spazi, e forse altre ragioni di vita meno egoistiche e più nobili vengono a sovrapporsi nel corso del tempo. Nonostante tutto alpinisti si resta, e da alpinisti, fino all’ultimo, si continua ad osservare le montagne con sguardo obliquo, cercando le vie di salita, vagliando i colori e la grana della roccia, soppesando le condizioni del ghiaccio nell’algida luce di un’alba o nel riverbero di un tramonto. Perfino di fronte alla morte di un compagno, anche dopo una ragionevole scelta di abbandono dettata dal buon senso o dalla necessità, il cuore resta imprigionato nella passione originaria, esclusiva, come un amore dell’adolescenza mai del tutto consumato, un dolce rimpianto che fa male fino alla fine.
L’attaccamento alle pareti non si misura con gli anni e forse nemmeno con l’azione. Si misura con la passione. Questo è il fantastico, enigmatico, umanamente folle e follemente umano fascino della montagna, dove non ha senso ciò che si vede, ma solo quello che non si vede. Quella fiammella che gli alpinisti si portano dentro cercando di non scottarsi troppo.”
di Enrico Camanni – Lo Scarpone n. 9 – Settembre 2005
Caro mi costa questo scritto, il coraggio di scrivere forse la mia giornata più bella in montagna, piena di soddisfazione, di bellezza, di stupore, di incredulità per una sconosciuta tranquillità, di un’inconsapevole sicurezza che mi ha accompagnato ancora, totalmente, costantemente, tenacemente a calpestare nuove vie, nuove sensazioni, magiche certezze.
Il coraggio di eliminare dalla mente quella perdita, accantonarla nello spazio remoto del cervello, egoisticamente, per vivere questa ritrovata e sconosciuta passione, godere fino in fondo di una giornata rubata al maltempo,
l’allegria della compagnia,
l’ammirare il cambiamento della neve sotto i tuoi piedi,
scoprire percorsi diversi con la sensibilità dell’occhio,
piantare la piccozza e accompagnarla dolcemente nel suo cammino, lungo o breve quel tanto da comunicarti su che neve stai,
alzare lo sguardo e leggere un muro,
sfiorare il basso e vederne la vertigine,
concentrarti sui tuoi passi, sul rampone scricchiolante, sulle figure che al di sopra di te si muovono, quelle che più in basso ridono.
Il mancato coraggio di fermare uno sci che schizza verso di te alla velocità di tutta la pendenza della montagna, il coraggio di esortare vivacemente Paolo a non perdersi quella favolosa neve, il coraggio di non pensare il vuoto, il buio, il nulla.
l’allegria della compagnia,
l’ammirare il cambiamento della neve sotto i tuoi piedi,
scoprire percorsi diversi con la sensibilità dell’occhio,
piantare la piccozza e accompagnarla dolcemente nel suo cammino, lungo o breve quel tanto da comunicarti su che neve stai,
alzare lo sguardo e leggere un muro,
sfiorare il basso e vederne la vertigine,
concentrarti sui tuoi passi, sul rampone scricchiolante, sulle figure che al di sopra di te si muovono, quelle che più in basso ridono.
Il mancato coraggio di fermare uno sci che schizza verso di te alla velocità di tutta la pendenza della montagna, il coraggio di esortare vivacemente Paolo a non perdersi quella favolosa neve, il coraggio di non pensare il vuoto, il buio, il nulla.
Ma nel vuoto, nel nulla, nel buio riemerge, spalanco gli occhi, piango.
Un fiume inarrestabile di lacrime, come quello che immagino venga giù ogni istante quando la neve pesante cede sotto i tuoi piedi, quando troppo consapevolmente viviamo una perdita e già ne condividiamo il ricordo, ci rammarichiamo che poteva essere diverso, conserviamo le esperienze più belle, vogliamo capire quanto non comprendiamo, nella speranza che il nostro coraggio possa bloccare la corsa di un altro coraggioso atto.
Un fiume inarrestabile di lacrime, come quello che immagino venga giù ogni istante quando la neve pesante cede sotto i tuoi piedi, quando troppo consapevolmente viviamo una perdita e già ne condividiamo il ricordo, ci rammarichiamo che poteva essere diverso, conserviamo le esperienze più belle, vogliamo capire quanto non comprendiamo, nella speranza che il nostro coraggio possa bloccare la corsa di un altro coraggioso atto.
Quello che non capiamo lo immaginiamo, giustifichiamo, comprendiamo, condividiamo, incaselliamo, e nei meandri del labirinto mentale ci perdiamo: emerge il nero, la paura, la solitudine, l’incomprensione, l’incommensurabilità.
E perdiamo la semplicità di esprimere come stiamo, come siamo, cosa vogliamo.
E perdiamo la semplicità di esprimere come stiamo, come siamo, cosa vogliamo.
La mia empatia oggi non si blocca, vorrebbe capire, ma non può, non deve riempire quegli spazi lasciati da un’intimità troppo profonda, incolmabile, per noi impenetrabile e forse troppo razionale. La consapevolezza di un motivo non lo fa essere Marco diverso, non gli negherà il sorriso che regalava agli amici che hanno spartito con lui esperienze e vita.
L’unica realtà che oggi ci rimane è che ognuno di noi porterà nel proprio vissuto montanaro un pezzettino del suo coraggio.
L’unica realtà che oggi ci rimane è che ognuno di noi porterà nel proprio vissuto montanaro un pezzettino del suo coraggio.
La fiammella di Anna 22.03.2008
Nessun commento:
Posta un commento