Burkina Faso - BENIN
L’AFRICA DEL BIANCO E DEL NERO
LA VIA DELL’ACQUA
Profondità
Ma sono ancora una volta le donne protagoniste detentrici del trasparente tesoro: alle umide profondità scavate con i primitivi utensili giungono cariche di taniche gialle, lasciando filtrare acqua e sabbia nei colorati recipienti, sotto lo sguardo sbalordito di ciascuno di noi che di quelle regali perle vediamo solo l’opacità del fondo oscuro.
Affiancati lenzuoli di terra, 2 metrix4 - tanto sono grandi -, ripuliti per coltivare l’essenza della vita con il dolore dei muscoli e della fatica, generata dal frutto dell’amicizia della solidarietà internazionale: orti irrigati e curati a mano, schiene piegate e sformate dall’esercizio forzato e dalle necessità familiari, per far crescere un pugno di verde e sfamare i propri piccoli.

E lungo la strada verso il più vasto oceano, ancora acqua affoga le reti di solitari pescatori: canne e melma per avanzare la vita, giochi di bimbi in riva al fiume, a rendere evanescente il caldo evaporato.
Un pomeriggio in libertà alle cascate di Kota ci ridona le energie nell’acqua cristallina, fresca quanto basta a ritemprare il corpo e la mente, donando allegria anche a chi il coraggio di bagnarsi non ce l’ha!
Al villaggio taneka, Maurice è fiero di illustrarci la struttura dei pozzi, regalo unico dell’amico Aime, salvezza di vita e della schiena delle donne: girare una coclea tirando su gocce preziose restituisce tempo e felicità alla loro stanchezza quotidiana.
Teli bloccati su lunghi pali di legno, svolazzanti alle brezze lacustri, anticipano la vita di Ganviè, villaggio a palafitta sorto sulle acque non proprio profonde del Lac Nokouè.

la luce ovattata del pomeriggio avanzato risalta in lontananza gli scheletri di grandi e vuote palafitte senza muri esterni; nelle abitazioni chiuse, scuri quadrati aperti simili a bocche spalancate aspettano di essere serrati per poter preservare l’intimità casalinga; svettanti tetti in lamiera sorretti da longilinei pali lasciano scoperti i loro confini inferiori per aprirsi alla socialità, unico luogo di incontro degli abitanti per condividere le attività quotidiane.
Ma il vero mercato di scambio appartiene all’acqua: cariche piroghe di ogni bene - umano, animale o vegetale – fan vendere la sussistenza su quei barconi galleggianti, dove il pelo dell’acqua, muovendosi costantemente, evidenzia la loro fragile stabilità.


Curioso e affascinante l’incontro con l’infanzia di una stessa famiglia: su quella originale piroga comanda un unico e solo pezzo di stoffa, che copre indistinguibilmente gli esili e ridanciani corpi del trio, diversificati solo da stravaganti occhiali gialli, simbolo di dominanza, schiettezza ed allegria.

Le luci del tramonto, riflesse sulle delicate increspature d’onda regalano gioia, competizione e spiccato romanticismo:
“Tu sogni e guardi lontano, vedi un gran fiume che scorre pian piano, che scorre pian piano. Sul fiume c’è una piroga e dentro a questa c’è un negro che voga, un negro che voga ”, è il lontano richiamo musicale di un’infanzia vissuta a sognare “il cielo pieno di stelle”, mentre lento un aranciato sole si perde nell’acqua al ritmo dell’agile ombra della vogata.
Profondità



Questo difendono con tenacia e rabbia.

Un pomeriggio in libertà alle cascate di Kota ci ridona le energie nell’acqua cristallina, fresca quanto basta a ritemprare il corpo e la mente, donando allegria anche a chi il coraggio di bagnarsi non ce l’ha!
Al villaggio taneka, Maurice è fiero di illustrarci la struttura dei pozzi, regalo unico dell’amico Aime, salvezza di vita e della schiena delle donne: girare una coclea tirando su gocce preziose restituisce tempo e felicità alla loro stanchezza quotidiana.
Teli bloccati su lunghi pali di legno, svolazzanti alle brezze lacustri, anticipano la vita di Ganviè, villaggio a palafitta sorto sulle acque non proprio profonde del Lac Nokouè.
In un pomeriggio umido e afoso ci ritroviamo proiettati tra cesti da pesce abbandonati, lunghe piroghe galleggianti, ed un’immensa distesa di verdeggiante vegetazione immersa nell’acqua mista a mota, interrotta solo da reti perimetrali, quest’ultime ancorate a storti ma efficaci tronchi per catturare il pasto del giorno e garantire il mercato locale.
Abdou ci racconta la storia della nascita del villaggio da una fuga di schiavi, ma mentre parla questa è già confusa con la fantasia: narrazione leggendaria che si riscrive e vive diversamente per ciascuno straniero uditore. E così, oltre al lento rimestìo dell’acqua sui fianchi dell’instabile imbarcazione, le parole accompagnano i gesti mentre si svuota la piroga da quel liquido inestimabile che involontariamente cerca di riappropriarsi del suo spazio.
Ed eccola Ganviè:

Ed eccola Ganviè:


Ma il vero mercato di scambio appartiene all’acqua: cariche piroghe di ogni bene - umano, animale o vegetale – fan vendere la sussistenza su quei barconi galleggianti, dove il pelo dell’acqua, muovendosi costantemente, evidenzia la loro fragile stabilità.


Curioso e affascinante l’incontro con l’infanzia di una stessa famiglia: su quella originale piroga comanda un unico e solo pezzo di stoffa, che copre indistinguibilmente gli esili e ridanciani corpi del trio, diversificati solo da stravaganti occhiali gialli, simbolo di dominanza, schiettezza ed allegria.


“Tu sogni e guardi lontano, vedi un gran fiume che scorre pian piano, che scorre pian piano. Sul fiume c’è una piroga e dentro a questa c’è un negro che voga, un negro che voga ”, è il lontano richiamo musicale di un’infanzia vissuta a sognare “il cielo pieno di stelle”, mentre lento un aranciato sole si perde nell’acqua al ritmo dell’agile ombra della vogata.
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