Nuovi Poemetti
Il naufrago - Il prigioniero
"La vertigine"
Si racconta di un fanciullo che aveva
perduto il senso della gravità...
I
Uomini,
se in voi guardo, il mio spavento
cresce nel cuore. Io senza voce e moto
voi vedo immersi nell'eterno vento;
voi
vedo, fermi i brevi piedi al loto,
ai sassi, all'erbe dell'aerea terra,
abbandonarvi e pender giù nel vuoto.
Oh!
voi non siete il bosco, che s'afferra
con le radici, e non si getta in aria
se d'altrettanto non va su, sotterra!
Oh!
voi non siete il mare, cui contraria
regge una forza, un soffio che s'effonde,
laggiù, dal cielo, e che giammai non varia.
Eternamente
il mar selvaggio l'onde
protende al cupo; e un alito incessante
piano al suo rauco rantolar risponde.
Ma
voi... Chi ferma a voi quassù le piante?
Vero è che andate, gli occhi e il cuore stretti
a questa informe oscurità volante;
che
fisso il mento a gli anelanti petti,
andate, ingombri dell'oblio che nega,
penduli, o voi che vi credete eretti!
Ma
quando il capo e l'occhio vi si piega
giù per l'abisso in cui lontan lontano
in fondo in fondo è il luccichìo di Vega...?
Allora
io, sempre, io l'una e l'altra mano
getto a una rupe, a un albero, a uno stelo,
a un filo d'erba, per l'orror del vano!
a
un nulla, qui, per non cadere in cielo!
Giovanni Pascoli
Vertigine
Afferrami alla vita,
uomo. La cengia è stretta.
E l'abisso è un risucchio spaventoso
che ci vuole assorbire.
Vedi: la falda erbosa, da cui balza
questo zampillo estatico di rupi,
somiglia a un camposanto sconfinato,
con le sue pietre bianche.
Io mi vorrei tuffare a capofitto
nella fluidità vertiginosa;
vorrei piombare sopra un duro masso
e sradicarlo e stritolarlo, io,
con le mie mani scarne;
strappare gli vorrei, siccome a croce
di cimitero, una parola sola
che mi desse la luce. E poi berrei
a golate gioiose il sangue mio.
Afferrami alla vita,
uomo. Passa la nebbia
e lambe e sperde l'incubo mio folle.
Fra poco la vedremo dipanarsi
sopra le valli: e noi saremo in vetta.
Afferrami alla vita. Oh, come dolci
i tuoi occhi esitanti,
i tuoi occhi di puro vetro azzurro!
Antonia Pozzi - Pasturo, 22 agosto 1929
Martedì 16 Dal Rif. Croz dell’Altissimo (1430m) –
Passo del Clamer - Cima Croz
dell’Altissimo (2237m) ; Discesa: Passo dei Camosci – Palon de Tovre - Rif. La
Montanara – Sentiero delle Grotte – Rifugio Croz- Sentieri: 322-344- 344B – sentiero dei
camosci- 340B.
Dislivello: circa 1000 mt in salita, 800 mt in discesa; 7
ore
Lo
svizzero mi viene incontro mentre sto scendendo dalla cima del Croz, e mi
domanda com’è il percorso. “Richiede attenzione”, ma lo sprono certamente ad
andare: è una bella soddisfazione arrivare lassù, dopo quel tratto delicato di tensioni
al cervello. Quando lo ritrovo più avanti, mi parlerà della cima mancata e di
una figlia, e di come quel senso di vuoto attrae più della volontà, ed è una sensazione
alla quale è meglio non lasciarsi andare, tanto la montagna è sempre là.
“Per De Luca però l’ascesa dell’alpinista non è
un’ascesi, e in montagna non c’è neanche il vuoto. In montagna “il vuoto è
tutta aria scalata, spazio che ti sei guadagnato sotto i piedi” e la
letteratura di montagna continuerà a esistere perché chi abita in
città avrà sempre bisogno di leggere degli “spazi aperti” delle montagne e
dei deserti.” (da www.letteraltura.it)
La valle è ancora in ombra, e umida, lo sento nelle
ossa.
Sono ad un bivio di impluvi: dietro le mie spalle
l’alta Valle delle Seghe, chiamata così per la presenza nel passato di antiche
segherie ad acqua distrutte dall’alluvione del 1966 e distribuite lungo il
percorso del Torrente Massò, corso d’acqua che nasce in Val Perse e sfocia nel
Lago di Molveno. Oggi ne rimane una sola, Taialacqua, restaurata per la
memoria del vissuto. Alla mia sinistra la Val Perse, selvaggia e chiusa a
difesa della Regina Madre, Cima Brenta.
Il peso dello zainetto è accettabile, dopo la
fatica del giorno precedente; oggi salgo alla scoperta di un sentiero che mi
perdo subito, immerso nelle escavazioni della montagna e nei suoi crolli. Il
letto divelto del torrente costringe a Lasciare costantemente la traccia e a
recuperarla metri più su; ma non è un problema per una salita quasi obbligata
fino alla Vallazza, scenario di roccia e pareti inconsistenti che chiudono la
Valle ad anfiteatro.
Da ieri, studiando la cartina, ho una tacita
curiosità su un certo passo dei Camosci dalla cima del Croz, da fare in discesa,
il cui nome è tutto un programma, ma di una curiosità infinita per me. Nel
fondo del cuore so che mi ci imbriglierò sicuro!
Di fronte a me, mentre salgo in questa valle
sconnessa, disordinatamente la montagna parla: contrafforti rocciosi che
attirano più per il loro sconclusionamento che per la linearità; un sentiero che
sale a sinistra con marcate zig-zagate porta alla Busa dell’Acqua e in Val
Perse.
Vorrei farle veramente tutte le valli che si aprono ad una ad una in
questo sconfinato mondo di roccia, verde e bianco, ma non è possibile.
Un pò rammaricata e con lo sguardo attento al
sentiero che più volte si interrompe giungo al bivio di valle: a sinistra c’è la
Busa dell’Acqua e si va verso il sentiero 314 per Malga Flavona, a destra la
mia via scelta per quest’oggi, per il Passo del Clamer, e la cima di Croz
dell’Altissimo. Giro questo per me molto ambizioso, perchè so che potrebbe non
regalarmi nulla di semplice la sua scoperta.